Narcotrafficante legato alla camorra, la sua sembrava una storia di riscatto perfetta. E invece…
Napoli – La sua era la storia di riscatto perfetta. Narcotrafficante, non estraneo agli ambienti della criminalità organizzata partenopea cui ruota intorno quel tipo di attività, aveva però denunciato la violenza nelle carceri, scritto un libro sulla sua avventura umana ed era passato, apparentemente, dalla parte della legalità.
Fino a diventare l’uomo chiamato a tutelare le condizioni di vita dei suoi ex compagni di cella per conto del Comune di Napoli.
Pietro Ioia, 63 anni, ex detenuto nell’istituto di pena di Napoli-Poggioreale con 22 anni di carcere alle spalle, ricopriva un ruolo non previsto dalla legge ma ad alto valore simbolico, nomina arrivata nel 2019 dall’allora sindaco Luigi de Magistris.
Dalla sua denuncia di torture nel penitenziario partenopeo era arrivato un procedimento con 22 poliziotti penitenziari indagati e poi un libro, ‘Cella zero’, per i tipi di Marotta e Cafiero, editori napoletani di frontiera, che gli aveva procurato una certa fama e dal quale era stato tratto un lavoro teatrale nel 2016, ‘Sottozero – Morte e rinascita di un uomo in gabbia’, scritto da Antonio Mocciola e diretto da Sandro Dionisio.
Presidente degli ‘Ex detenuti napoletani organizzati’ (Don), un’associazione come molte della galassia dei disoccupati e degli inoccupati napoletani, era comunque diventato un punto di riferimento per le famiglie dei detenuti.
Ioia aveva dato anche il suo contributo di ‘esperto’ alla docuserie ‘Camorriste 2’ di Sky, in onda nel 2017, proponendo 6 ex detenute.
La nomina a garante scatenò polemiche proprio tra i sindacati della polizia penitenziaria, che puntarono il dito sul fatto che non aveva requisiti di formazione e competenza in materia di scienze giuridiche e neanche di integrità morale. Al loro fianco si schierò il leader della Lega, Matteo Salvini. “Grida vendetta la nomina di uno condannato per droga come garante dei detenuti”, disse ai cronisti in una delle sue visite a Napoli.
Ora Ioia torna dietro le sbarre, per aver approfittato del suo ruolo, che gli garantiva libero accesso nelle case circondariali, per contrabbandare telefonini e stupefacenti in cambio di denaro.
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