Oltre 5,5 milioni di italiani lavorano all’estero, ma non è solo fuga di cervelli
L’epidemia di Covid-19 ha limitato e in qualche periodo sospeso tutte le forme di mobilità, compresa la migrazione internazionale. Stime preliminari pubblicate nell’International Migration 2020 suggeriscono una riduzione di circa due milioni di persone, ma nonostante ciò il numero di migranti internazionali in tutto il mondo ha raggiunto, nel 2020, i 281 milioni di persone, oltre il 3,6% della popolazione mondiale. Il numero di migranti internazionali è cresciuto più velocemente della popolazione globale: erano 173 milioni nel 2000, 221 milioni dieci anni dopo.
Secondo l’ISTAT, a inizio 2021, gli stranieri residenti in Italia ammontano a poco più di 5 milioni, così dopo un ventennio di crescita ininterrotta anche la popolazione straniera si ridimensiona e non riesce più a compensare l’inesorabile inverno demografico italiano. L’Italia, in sintesi, è oggi uno Stato in cui la popolazione autoctona tramonta inesorabilmente e la popolazione immigrata, complice la crisi economica, la pandemia, i divari territoriali e l’impossibilità di entrare legalmente, non cresce più.
A quanto detto occorre aggiungere un altro paradosso, ovvero che l’unica Italia a crescere è quella che mette radici (e residenza) fuori dei confini nazionali in modo ufficiale – e quindi iscrivendosi all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) – o in modo ufficioso non ottemperando all’obbligo di iscrizione anagrafica. Se nell’ultimo anno l’aumento della popolazione AIRE è stato del 3%, questo dato diventa il 6,9% dal 2019, il 13,6% negli ultimi cinque anni, ben l’82% dal 2006.
Se, quindi, i cittadini italiani residenti oltre confine negli ultimi sedici anni sono aumentati dell’82%, le donne in particolare lo hanno fatto dell’89,4%. A partire, infatti, sono sicuramente oggi moltissime donne alla ricerca di realizzazione personale e professionale, ma vi sono anche tanti nuclei familiari con figli al seguito, legati o meno da matrimonio. Stando ai dati dell’Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell’Interno aggiornati all’inizio del 2020, su quasi 5,5 milioni di residenti all’estero, le famiglie sono 3.223.486.
Per comprendere pienamente cosa stia capitando alla mobilità italiana, ci sono una serie di dati molto esplicativi da considerare: + 76,8% l’aumento dei minori; + 179% circa l’aumento dei cittadini iscritti all’AIRE tra i 19 e i 40 anni; +158,1% i nati all’estero da cittadini AIRE; +128,6% le acquisizioni di cittadinanza e +42,7% le iscrizioni all’Anagrafe con la motivazione espatrio. Ancora, le iscrizioni da meno di cinque anni sono aumentate del +24,4%, quelle al di sopra di 10 anni del +127,8%.
Al 1° gennaio 2021, la comunità strutturale dei connazionali residenti all’estero è costituita da 5.652.080 unità, il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia ha perso quasi 384 mila residenti sul suo territorio (dato ISTAT), ne ha guadagnati 166 mila all’estero (dato AIRE): un aumento di presenza all’estero del 3% nell’ultimo anno.
Degli oltre 5,6 milioni di iscritti, il 45,5% ha tra i 18 e i 49 anni (oltre 2,5 milioni), il 15% è un minore (848 mila circa di cui il 6,8% ha meno di 10 anni) e il 20,3% ha più di 65 anni (oltre 1,1 milione di cui il 10,7%, cioè circa 600 mila, ha più di 75 anni). Celibi o nubili nel 57,3% dei casi e coniugate/i nel 35,9%, il 50,7% è iscritto per espatrio (oltre 2,8 milioni), il 39,9% per nascita all’estero (oltre 2,2 milioni). Poco più di 185 mila sono, invece, le iscrizioni per acquisizione di cittadinanza (3,3%). Il 53,0% è iscritto da meno di 15 anni, il 47,0% da più di 15 anni.
La Sicilia ha 800 mila iscritti all’Aire
La Sicilia, con oltre 798 mila iscrizioni, è la regione con la comunità più numerosa di residenti all’estero, la seguono, a distanza, la Lombardia (+561 mila), la Campania (quasi 531 mila), il Lazio (quasi 489 mila), il Veneto (+479 mila) e la Calabria (+430 mila).
Sono tre le grandi comunità di cittadini italiani iscritti all’AIRE: nell’ordine, Argentina (884.187, il 15,6% del totale), Germania (801.082, 14,2%) Svizzera (639.508, 11,3%). Seguono, a distanza, le comunità residenti in Brasile (poco più di 500 mila, 8,9%), Francia (circa 444 mila, 7,9%), Regno Unito (oltre 412 mila, 7,3%) e Stati Uniti (quasi 290 mila, 5,1%).
È dunque vero che l’Italia sta vivendo da poco più di un decennio una nuova stagione migratoria, ma le conseguenze di questo percorso sono apparse, in tutta la loro evidenza, nell’ultimo quinquennio aggravando una strada che l’Italia sta pericolosamente percorrendo velocemente e a senso unico, caratterizzata da svuotamento e spopolamento, dove alle partenze non corrispondono i ritorni.
Se, peraltro, lasciare l’Italia inesorabilmente sono i giovani nel pieno della loro vitalità personale e creatività professionale, è su questi che si deve concentrare l’attenzione e l’azione.
Lungi dall’essere una mera “fuga di cervelli”, la recente emigrazione italiana mostra un carattere complesso che coinvolge cittadini di tutte le età e titolo di istruzione. Ai lavoratori altamente qualificati che puntano all’estero per le prospettive di carriera e di guadagno, si aggiungono coloro che si spostano alla ricerca di lavoro o in occupazioni a tempo determinato e spesso non qualificati, in settori che vanno dalla ristorazione alle costruzioni, dal manifatturiero alle strutture di ricezione. Questo fenomeno è in gran parte effetto della crisi economica e sociale dell’Italia del 2007- 2012 – l’incremento annuale aumenta sensibilmente a partire dal 2011, quando la crisi del debito sovrano colpì l’Italia – che ha negato a molti lavoro e diritti e li ha spinti a cercare fortuna altrove.
La mobilità internazionale cresce, insieme alle situazioni di vulnerabilità
Il numero di migranti internazionali è stimato in 281 milioni nel 2021 (3,6% della popolazione mondiale), a fronte dei 272 milioni del 2019. Di questi, quasi due terzi sono migranti per lavoro. La principale causa dell’aumento del numero complessivo di persone che si trovano a vivere in un Paese diverso dal proprio sta nell’acuirsi e nel protrarsi del numero di contesti di crisi registrati a livello mondiale, che hanno fatto superare ad inizio 2022 per la prima volta nella storia la soglia di 100 milioni di migranti forzati (con un notevole incremento rispetto agli 89,3 milioni di fine 2021). Significativa anche l’esistenza di circa 345 milioni di persone a grave rischio alimentare, quasi 200 milioni in più rispetto a prima della pandemia. Nell’area delMediterraneo allargato si registra un incremento della situazione di vulnerabilità della popolazione straniera residente, con pesanti conseguenze sui processi di integrazione dei migranti nei Paesi di destinazione.
In Italia
I dati al 1° gennaio 2022 parlano di 5.193.669 cittadini stranieri regolarmente residenti, cifra che segna una ripresa dallo scorso anno. Nel quadro delle prime 5 regioni di residenza, si conferma il primato della Lombardia, seguita da Lazio, Emilia-Romagna e Veneto, mentre la Toscana sopravanza il Piemonte al 5° posto. Il quadro delle nazionalità rimane sostanzialmente inalterato: fra i residenti prevalgono i rumeni (circa 1.080.000 cittadini, il 20,8% del totale), seguiti, nell’ordine, da albanesi (8,4%), marocchini (8,3%), cinesi (6,4%) e ucraini (4,6%). Sono aumentati anche i cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno (al 1° gennaio 2022 sono 3.921.125, mentre nel 2021 erano attestati sui 3,3 milioni
Giustizia: continua a diminuire la presenza di detenuti stranieri nelle carceri
Analizzando i dati della realtà carceraria emerge che l’incidenza della componente straniera è decisamente in controtendenza: a fronte dell’aumento generale del numero dei detenuti (+1,4), infatti, la presenza straniera, a distanza di un anno, è sostanzialmente diminuita (-1%). Il dato è in linea con il trend dell’ultimo decennio, nel corso del quale le cifre dei detenuti di cittadinanza straniera si sono notevolmente contratte. Dall’Africa proviene più della metà dei detenuti stranieri (53,3%) e il Marocco è in assoluto la nazione straniera più rappresentata (19,6%). Seguono Romania (12,1%), Albania (10,8%), Tunisia (10,2%) e Nigeria (7,8%). Nelle sezioni femminili, su un totale di 722 recluse straniere, spiccano soprattutto le detenute provenienti da Romania (24,1%), Nigeria (17,7%) e Marocco (5,8%). Pur se con cifre ogni anno sempre più esigue, si segnala ancora la presenza di madri detenute con figli al seguito, la metà dei quali di cittadinanza straniera.
Le statistiche relative alle tipologie di reato confermano il dato generale che vede i reati contro il patrimonio come la voce con il maggior numero di ristretti (8.510 stranieri imputati o condannati per tale fattispecie di reato, ovvero il 27% dei ristretti per il reato in questione e il 49,9% dei detenuti stranieri). Seguono i reati contro la persona (7.285) e quelli in materia di stupefacenti (5.958).
Agli stranieri viene applicata con maggiore rigore la custodia cautelare in carcere
I dati restituiscono ancora una volta la fotografia di un sistema in cui le persone migranti finiscono con più facilità nel sistema carcerario e ne escono meno agevolmente degli italiani. Se le pene inflitte denotano una minore pericolosità sociale degli immigrati, gli stessi beneficiano in maniera più blanda delle misure alternative rispetto ai detenuti autoctoni. Agli stranieri, inoltre, viene applicata con maggiore rigore la custodia cautelare in carcere: ben il 32% degli stranieri detenuti è in attesa del primo grado di giudizio. Circostanza, questa, che finisce con il determinare una sovra-rappresentazione della popolazione carceraria straniera.
Le condizioni di marginalità in cui spesso versa la popolazione migrante ne determina una maggiore esposizione al rischio di essere vittima di reato. Il catalogo dei reati di cui gli stranieri sono soggetti passivi è, purtroppo, assai vasto e spazia dai reati più efferati, a cominciare dalla tratta di esseri umani, alle molteplici ed “ordinarie” forme di vittimizzazione che rimangono spesso sommerse. In cima alla lista dei reati più odiosi vi sono certamente quelli che vedono come vittime i minori. In tal senso, gli stranieri hanno rappresentato il 4% delle vittime di reati sessuali segnalate e prese in carico per la prima volta nel 2021 dall’Ufficio di servizio sociale per i minorenni. Gli stranieri vittime di altre forme di sfruttamento e maltrattamento sono stati invece il 9% del totale dei minori segnalati e presi in carico nello stesso periodo.
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