I robot che vivono in biblioteca

Succede a Helsinki, dove tre piccole macchine intelligenti lavorano con l’uomo e hanno anche un nome

Helsinki – Si chiamano Tatu, Patu e Veera. Sono i tre piccoli robot che vivono alla Oodi Library, la biblioteca centrale di Helsinki. Li potete incontrare in giro tra gli scaffali, mentre riportano al terzo piano un carico di libri che mani umane rimettono al loro posto, pronti per essere nuovamente letti da uno dei 10.000 visitatori che si calcola la affollino ogni giorno.
Ma come lavora questa squadra di carrelli robotici? E soprattutto, come convive con noi ominidi?

I robot che lavorano con l’uomo invece che al suo posto

Se pensate che fare il bibliotecario significhi mettere a posto dei libri sugli scaffali siete sulla strada sbagliata. Si tratta di un mestiere altamente qualificato che richiede una professionalità specifica. In una biblioteca moderna, anzi, il bibliotecario non dovrebbe avere il compito di spingere un carrello carico di libri di qua e di là, ma quello di condividere la conoscenza.
In che senso direte voi?
Be’, se quando entrate in biblioteca per prendere un romanzo non sapete bene come cercare, o se non sapete nemmeno cosa state cercando, il compito del bibliotecario è quello di aiutarvi a scoprirlo.
Per tutto il resto, almeno alla Oodi, ci sono i robot.

Ma come funzionano?

Quando riportano indietro un libro preso in prestito, i lettori della Oodi lo restituiscono al primo piano. Da qui, attraverso un nastro trasportatore, il libro arriverà nel seminterrato dove sarà catalogato per genere e lingua e messo dentro a una scatola di plastica da due normali bracci robotici.
È a questo punto che entrano in scena Tatu, Patu e Veera.
Studiati per riconoscere quando nei contenitori ci sono 20 libri, raggiunto questo numero si mettono al lavoro. Si caricano “in spalla” la scatola piena e prendono l’ascensore per passare dal seminterrato al terzo piano, dove si trova la biblioteca vera e propria.

Sui tre piani della Oodi, in effetti, non ci sono solo i libri.
Al primo piano c’è il cinema. Al secondo piano stampanti 3D e studi di registrazione. E poi diverse aree di lavoro con lavagne e proiettori, come quella utilizzata per il meeting su fake news e debunking organizzato dall’Ordine dei Giornalisti liguri che ha portato in Finlandia 14 giornalisti grazie al programma Erasmus+.
C’è persino una cucina che si può affittare per le cene con gli amici.

Ma i robottini, dicevamo, arrivati al terzo piano cosa fanno? Attraversano le sale per raggiungere le postazioni da dove altre braccia, questa volta umane, prendono i libri per metterli al loro posto.
E se incontrano qualcuno durante il tragitto? I robottini sono progettati in modo da evitare le collisioni con le persone e se uno gli si mette davanti, calcoleranno un nuovo percorso.
Lo abbiamo testato personalmente e in effetti, ci dicono, finora non ci sono stati incidenti e robot ed esseri umani si sono trovati molto bene insieme.

Simona Tarzia

Un ringraziamento speciale al personale della Oodi che mi ha permesso di vedere Veera al lavoro

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *