Un’intesa importante ma lontano dall’essere risolutiva. Si parla di logistica e gestione dei flussi ma non di solidarietà
Le migrazioni sono un fenomeno intrinseco alla storia dell’umanità.
Le ragioni principali che spingono le persone a migrare sono molteplici, i conflitti tra Stati o all’interno di uno Stato, gli squilibri economici tra diverse aree geografiche, la presenza di regimi autoritari che utilizzano persecuzioni e violazioni dei diritti umani, i cambiamenti climatici, le catastrofi naturali e il desiderio di garantire una sopravvivenza accettabile per sé e per i propri figli.
Nell’epoca attuale, gli squilibri socioeconomici, politici e climatici sono diffusi e in aumento in molte parti del mondo, e questo ha portato a un aumento significativo degli spostamenti di popolazione.
Negli ultimi dieci anni, le migrazioni sono aumentate in tutte le regioni del mondo, con una concentrazione particolare in Asia ed Europa. Nel 2020, una persona su 30 viveva in un paese diverso da quello di nascita. Nello stesso anno, nonostante la pandemia, il numero di persone sfollate a causa di guerre, violenze, persecuzioni e violazioni dei diritti umani nel mondo ha superato gli 82 milioni, includendo rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni. Questo numero si è più che raddoppiato in soli dieci anni, e quasi la metà di esso era costituito da minori.
Operazione Mare Nostrum
I provvedimenti per arginare i flussi migratori si sono susseguiti incessantemente negli anni e sono stati approvati o rinnovati dai Governi che si sono succeduti. “Mare Nostrum” parte nel 2013, e ha consentito il salvataggio di oltre 160.000 persone da parte della Marina militare italiana, che operava su un’ampia area di soccorso che si estendeva per 630 chilometri oltre i confini italiani.
L’operazione, chiusa nel 2014 ha messo nella condizione i governi dell’Unione Europea, insieme alla Commissione europea, di trovare una strategia per sorvegliare le frontiere marittime esterne e la gestione dei flussi migratori nei paesi di origine e transito.
Operazione Triton
È stato così avviata, come successore di Mare Nostrum nel 2014, l’operazione Triton che si è focalizzata sul contrasto all’immigrazione irregolare e alle attività dei trafficanti. Triton ha ridotto l’area di intervento della Marina militare italiana a sole 30 miglia nautiche al largo delle coste italiane e maltesi, segnando l’inizio del progressivo smantellamento del sistema di soccorso istituzionale europeo nel Mediterraneo.
La crisi del 2015
Il 2015 è l’anno in cui la cosiddetta “crisi dei rifugiati” ha portato le politiche migratorie al centro dell’agenda degli Stati membri dell’Unione Europea con l’obiettivo di contrastare l’immigrazione irregolare nel continente.
Dall’inizio di quel drammatico 2015, oltre un milione di rifugiati e migranti raggiungono le coste europee, e oltre 3,700 muoiono durante il viaggio. Più del 75 per cento di coloro arrivarono in Europa stavano fuggendo da conflitti e persecuzioni in Siria, Afghanistan o Iraq.
Tra il 18 e il 20 aprile 2015 annegano 600 persone
Il 18 aprile più di 600 persone muoiono annegate nel Mediterraneo dopo che la loro barca, verso la mezzanotte, si capovolge a 180 km da Lampedusa. Un’operazione di soccorso, coordinata tra Italia e Malta porta in salvo 50 delle 700 persone che si stima fossero a bordo. Antònio Guterres, Alto Commissario ONU per i rifugiati, esprime il suo shock per quest’ultima tragedia in mare ed esorta i paesi europei a ristabilire una “solida” operazione di soccorso in mare.
Agosto: i morti del camion frigo in Austria
A fine agosto le autorità austriache scoprono i corpi di 71 rifugiati e migranti in un camion frigo abbandonato vicino al confine tra Austria e Ungheria. Secondo la polizia il camion veniva dall’Ungheria e le vittime sarebbero morte due giorni prima. Melissa Fleming dell’UNHCR fa notare che la triste scoperta sottolinea “la disperazione delle persone che cercano protezione o una nuova vita in Europa”, e l’urgenza di incrementare la cooperazione tra le forze di polizia europee, le agenzie d’intelligence e le organizzazioni internazionali, “per inasprire i controlli sui traffici di esseri umani e mettere in atto misure per proteggere e prendersi cura delle vittime”.
Settembre: la morte di Aylan commuove il mondo
L’immagine di un bambino siriano, Aylan Kurdi, il cui corpo è stato trascinato su una spiaggia turca dopo un tentativo fallimentare di raggiungere la Grecia, risveglia le coscienze di tutto il mondo e porta di nuovo sotto i riflettori le tragedie umane di coloro che cercano di raggiungere le coste dell’Europa. António Guterres, Alto Commissario ONU per i Rifugiati, sottolineando come l’Unione Europea stesse affrontando un “momento decisivo”, illustra le linee guida per sostenere ogni tentativo atto a risolvere la crisi dei rifugiati e dei migranti in Europa. Al momento della morte del piccolo Aylan, più di 300,000 persone hanno già rischiato la vita per arrivare in Europa. Più di 2,600 sono già morti in questo tentativo.
Settembre: I rifugiati in cammino verso l’Austria
Più di 1.000 rifugiati si mettono in cammino da Budapest verso il confine con l’Austria per protestare contro il rifiuto del governo ungherese di fornire treni per l’Austria e la Germania. Questa decisione viene revocata nel corso della notte, quando le autorità ungheresi forniscono infine degli autobus per portare i rifugiati esausti al confine. Qui vengono accolti dai volontari della Croce Rossa Austriaca e l’Ordine Austriaco di Malta, con in mano cartelli di benvenuto e abiti impermeabili, cibo, acqua, latte e coperte. L’UNHCR si congratula con l’Austria e la Germania per la decisione di tenere le frontiere aperte e rende omaggio al lavoro della società civile.
Settembre: l’Ungheria chiude la frontiera con la Serbia
L’Ungheria completa la recinzione di filo spinato al confine con la Serbia. Mentre altri paesi europei ristabiliscono momentaneamente i controlli alle proprie frontiere, si chiudono due decenni di Europa senza confini. L’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, avverte che i rifugiati “rischiano di trovarsi in un limbo legale” e che delle misure di controllo diverse da paese a paese “sottolineano solo l’urgenza di stabilire una risposta Europea concertata”.
L’Italia offre supporto a Tripoli
Nel 2016, viene aggiunto un tassello per blindare le frontiere. La Commissione europea e il Servizio europeo per l’azione esterna (Eeas) hanno chiesto alla Guardia costiera italiana di sviluppare un progetto per l’istituzione di un Centro nazionale di soccorso marittimo a Tripoli e di fornire supporto alle autorità libiche nella definizione della propria area di responsabilità per la ricerca e il soccorso in mare.
Cosa è il Memorandum Italia-Libia e chi lo ha firmato
Il Memorandum Italia-Libia, siglato nel 2017, siglato il 2 febbraio 2017 da Paolo Gentiloni e dal presidente del Consiglio presidenziale Fayez Mustafa Serraj, riconosciuto dal Governo di accordo nazionale libico, è stato il risultato di questo contesto e delle politiche anti-migratorie promosse dall’ex ministro dell’Interno italiano Marco Minniti. L’accordo proponeva il pattugliamento delle acque libiche per scoraggiare le partenze e la creazione di centri di accoglienza in Libia, posti sotto il controllo dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM).
Nel 2018 la Libia ha delineato un’area SAR (Search and Rescue) marittima, che stabiliva il perimetro di Mediterraneo in cui Tripoli doveva intervenire in caso di emergenza.
Tuttavia, il Memorandum Italia-Libia ha suscitato forti critiche da parte di organizzazioni umanitarie e difensori dei diritti umani. Queste critiche si basano sulle condizioni inumane e disumane riportate nei centri di detenzione in Libia, dove migranti e richiedenti asilo sono stati sottoposti a abusi, violenze, e violazioni dei diritti umani fondamentali. Nel 2020, la Corte di Cassazione italiana ha dichiarato che il respingimento di migranti e richiedenti asilo in mare verso la Libia è illegale e viola il principio di non respingimento sancito dal diritto internazionale.
Riunione del Consiglio Giustizia Affari Interni in Lussemburgo
Trovato l’accordo, dopo intense trattative e il rischio di un fallimento, tra i 27 al Consiglio Affari Interni per approvare i due pacchetti legislativi sulle procedure di frontiera e sulla gestione dell’asilo per i migranti.
La delegazione italiana, guidata dal Ministro Matteo Piantedosi, è riuscita a raggiungere un accordo i cui effetti si vedranno con il tempo, al netto dei diversi giudizi politici. La posizione della delegazione italiana è stata definita “dura” da alcune fonti diplomatiche, ma è stata anche ritenuta “legittima” e ha aperto la strada alle trattative.
Le dichiarazioni di Piantedosi
Dopo la riunione il Ministro Piantedosi ha dichiarato:«L’Italia ha ottenuto il consenso su tutte le proposte avanzate nel corso del Consiglio odierno. In primis, abbiamo scongiurato l’ipotesi che l’Italia e tutti gli Stati membri di primo ingresso venissero pagati per mantenere i migranti irregolari nei propri territori.
L’Italia non sarà il centro di raccolta degli immigrati per conto dell’Europa. Abbiamo ottenuto la creazione di un nuovo fondo europeo per i Paesi terzi di origine e transito dei flussi (dimensione esterna). Nel sistema, come misura di solidarietà obbligatoria complementare alla relocation, è prevista anche la compensazione dei ‘dublinanti’.
I casi SAR sotto la responsabilità dell’Unione europea
Siamo riusciti ad ottenere un quadro giuridico di riferimento per possibili intese con Paesi terzi sicuri. Abbiamo, altresí, evitato che venissero poste delle limitazioni che avrebbero escluso alcuni Paesi. Anche i termini di responsabilità del Paese di primo ingresso per i casi SAR sono stati ridotti grazie al nostro intervento. Per la prima volta i casi SAR sono considerati sotto la responsabilità dell’Unione europea.
Infine, per quanto riguarda le procedure di frontiere, su cui l’Italia, a livello nazionale, ha precorso i tempi europei, con le misure introdotte dal Decreto Cutro, siamo riusciti ad ottenere la creazione di un sistema efficace di controllo europeo delle frontiere esterne. Abbiamo anche ottenuto una clausola di revisione del sistema dopo un primo test di sostenibilità. È stata, infine, raggiunta anche l’intesa su misure di sostegno finanziario per la realizzazione operativa (anche mediante infrastrutture) delle procedure di frontiera».
Quindi, un primo punto stabilisce l’obbligo per i Paesi europei di accogliere parte dei migranti, contribuire finanziariamente alla difesa esterna delle frontiere UE, velocizzare le procedure di identificazione e di analisi delle domande di asilo, nonché la possibilità di procedere ai rimpatri degli immigrati irregolari presso i Paesi di transito e non solo verso quelli di origine, consentiranno finalmente la gestione del fenomeno migratorio. Senza dimenticare l’importanza degli interventi già messi in campo per la lotta alle organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani.
il Ministro Piantedosi ha sottolineato la responsabilità assunta dall’Italia nel negoziato e ha evidenziato il consenso ottenuto su tutte le proposte avanzate nel corso del Consiglio. In particolare, ha affermato che l’Italia ha evitato di diventare il centro di raccolta degli immigrati per conto dell’Europa, un’ipotesi precedentemente emersa. È stato anche raggiunto un accordo sulla definizione di un quadro giuridico per gli accordi con Paesi terzi sicuri, evitando limitazioni che avrebbero escluso alcuni Paesi. Ma l’iter giuridico sarà lunghissimo.
Il Trattato d Dublino
Il ministro ha definito la giornata come un momento in cui “parte qualcosa” e non solo un giorno di arrivo, sottolineando l’importanza di rendere attuabili le procedure di frontiera e il processo di gestione dell’asilo. Ha elogiato l’Unione Europea per la solidarietà dimostrata, sottolineando “i meccanismi di compensazione per i ritorni di Dublino e l’evitare l’opzione di compensazioni in denaro, che avrebbero compromesso la dignità dell’Italia”.
Il Trattato di Dublino, stabilisce come sia lo Stato di primo approdo del migrante che deve far fronte a tutto il sistema di accoglienza, compresa la domanda di asilo, impedendo così che i richiedenti facciano richiesta in più Stati. Inoltre il nostro Paese, come ha sottolineato Toni Ricciardi, vicepresidente del Pd alla Camera e storico delle migrazioni, ha accordi con l’Ue che prevedono che ogni persona che tocca il suolo dello Stato produca per le casse dello Stato 18mila euro.
Il rischio è di dover creare centri chiusi come in Grecia
L’Italia riceverà fondi per fare i campi in accordo con chiunque, restando responsabile come paese di primo ingresso. Saremo chiamati a creare centri chiusi, sul modello di quelli introdotti nelle isole della Grecia nel 2016 dove trattenere i migranti in attesa di una decisione su richiesta di asilo o rimpatrio e senza l’obbligo dei ricollocamenti.
Ma queste valutazioni potranno essere smentite solo con i fatti
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