Ramadan è il nome del mese in cui i musulmani fanno il digiuno, in arabo Assawm. La radice del verbo è sama, che significa digiunare, e sa’im/sa’imah sono rispettivamente colui/colei che digiuna. È il nono mese del calendario Islamico, usato ancor oggi per le ricorrenze religiose, calendario che si basa sulle fasi lunari. È costituito da 354 giorni, per cui non corrisponde esattamente al calendario solare. Per questo motivo Ramadan può cadere in una data diversa ogni anno, e più precisamente con 11 giorni di anticipo ogni volta.
L’attestazione della luna crescente
L’inizio di Ramadan viene determinato attraverso il Ru’yat al hilal, ossia l’attestazione della luna crescente del nuovo mese. La responsabilità di proclamare nel proprio paese l’avvenuta visione dell’Hilal, e quindi l’inizio del Ramadan a partire dall’alba seguente, viene assunta da un’autorità religiosa. Allo stesso modo, sarà l’attestazione della luna nuova ad indicare la fine del mese sacro del digiuno e l’arrivo del nuovo mese. Proprio alla possibilità di questa visione si deve la differenza tra un paese e l’altro nel decidere il primo e l’ultimo giorno del mese. Quest’anno, ad esempio, alcuni paesi hanno iniziato Ramadan il 16 maggio, altri il 17 maggio; sarà quindi diversa anche la fine del mese del digiuno, a seconda dei paesi.
Che cosa rappresenta realmente assawm, il digiuno?
Assawmha una duplice dimensione: materiale e morale/spirituale. Materialmente, digiunare è il fatto di astenersi dal cibo, dalle bevande, dal fumo e dai rapporti sessuali. Moralmente, è l’astenersi da azioni, parole, pensieri negativi e il sapersi controllare e comportarsi secondo i dettami dell’Islam in ogni circostanza. Il tutto avviene in un arco di tempo che va dall’alba fino al tramonto, quando si ritorna alla normalità della vita quotidiana fino all’alba del giorno successivo, che segna il secondo giorno di digiuno, e così via per la durata di 30 giorni consecutivi. Leggiamo nel Corano:
Vi è stato reso lecito, durante il mese di Ramadan, il sollazzarvi con le vostre donne… Accostatevi dunque pure ad esse … e mangiate e bevete fino a che sia possibile distinguere nell’aurora il filo bianco dal filo nero. Dopo di ciò fate digiuno completo fino alla notte. La vacca, vers. 187.
Sawm Ramadan è un Fard ‘ayn
…ossia un obbligo divino per tutti i musulmani adulti, sani di mente e in buona salute. È uno dei cinque pilastri dell’Islam, e si colloca subito dopo la preghiera. I versetti Coranici che lo trattano sono i seguenti:
O voi che credete. Vi è stato prescritto il digiuno, come è stato prescritto a coloro che vi precedettero, nella speranza che siate timorati. Vi è stato prescritto per un numero di giorni determinato…” La vacca, vers. 183.184
Il periodo del digiuno è il mese di Ramadan, nel quale è stato inviato il Corano, come guida agli uomini e documento di buona direzione e di discriminazione. Chi di voi vedrà il sorgere del mese, digiuni…” La vacca, vers. 185.
Il digiuno non è richiesto ai bambini, anche se spesso questi vorrebbero imitare gli adulti. Di solito si insegna loro a digiunare gradualmente, inizialmente per due ore al giorno, aumentando poi il numero delle ore a mano a mano che crescono. All’età di 12 anni circa possono attuare il digiuno normalmente.
Si è parlato di “buona salute”
Dio ha dato una licenza ai malati e ai deboli fisicamente, alla donna durante le mestruazioni e nel periodo postparto, nella gravidanza e in fase di allattamento. Come si può leggere nel versetto seguente, coloro che si trovano nelle suddette condizioni non sono tenuti a digiunare, anche se dovranno recuperare in seguito i giorni di interruzione del digiuno:
Vi è stato scritto per un numero di giorni determinato
Per chi di voi sarà stato malato o in viaggio, altrettanti giorni. A carico di coloro che avrebbero potuto farlo, un riscatto: il cibo di un povero; … ma la migliore cosa per voi è che digiunate, se ben sapete. La vacca, vers. 184
…A chi sarà malato o in viaggio, un numero uguale di altri giorni: Iddio vuol farvi le cose facili e non già difficili… La vacca, vers. 185
Viene lasciata alla singola persona, secondo la sua coscienza, la valutazione del suo stato e quindi la decisione di digiunare o meno, al fine di non nuocere alla propria salute. Se un musulmano dovesse decidere di avvalersi della licenza divina e interrompere il digiuno, egli può scegliere tra il recupero dei giorni mancati al termine del Ramadan – quando cioè starà meglio – e il dare da mangiare ad un povero per ogni giorno mancato. Secondo alcune interpretazioni, non è possibile ricorrere alla seconda soluzione se la persona è in grado di recuperare digiunando. Lo stesso vale per il viaggiatore per un numero stabilito di chilometri o di giorni. Certo questo avveniva quando il viaggio si effettuava a cavallo, oppure a dorso d’asino o di cammello, e per giorni e giorni sotto il sole infuocato del deserto. Oggi i religiosi vedono come unica condizione la fatica del viaggio. Se la persona trova il viaggio faticoso allora può rompere il digiuno, altrimenti dovrà digiunare regolarmente.
L’interruzione del digiuno implica il recupero della o delle giornate. Si considera interruzione del digiuno mangiare o bere volontariamente (non per dimenticanza e nemmeno per costrizione), avere rapporti sessuali (anche con la propria moglie), vomitare volontariamente, assumere alcuni medicinali sotto forma di gocce nel naso, nell’orecchio (mentre le gocce nell’occhio sono ammesse), sottoporsi ad iniezioni, se avvengono nelle vene e nelle arterie, provare desiderio sessuale (anche senza un rapporto completo) se avviene l’eiaculazione. Chi rompe il digiuno avendo un rapporto sessuale si espone alla Kaffarah(penitenza o rimedio previsto da Dio) che consiste nel digiunare per 60 giorni consecutivi o a dare da mangiare a 60 poveri per ogni giorno di digiuno mancato.
Kabyrah
Rompere il digiuno intenzionalmente, con premeditazione e senza motivazione valida, equivale a commettere una Kabyrah, trasgressione gravissima di un comandamento divino. Secondo alcuni religiosi l’interruzione volontaria del digiuno supera in gravità l’atto dell’adulterio e del consumo del vino. Vi sono varie opinioni al riguardo, ma la maggioranza ritiene che chi rompe il digiuno intenzionalmente non possa aspirare al recupero, in quanto il recupero dei giorni mancati, come detto, riguarda esclusivamente i malati o i viaggiatori. Per i dotti in materia, un atto così grave non è nemmeno contemplato, per cui non esiste un rimedio o un possibile riscatto. La persona dovrà quindi pentirsi sinceramente, senza tuttavia avere la certezza del perdono divino per il mancato digiuno. Altri considerano questo fatto al pari della rottura del digiuno a causa di un rapporto sessuale implicando quindi, oltre alla penitenza, la Kaffarahsu menzionata. Altri ancora affermano che si debba recuperare lo stesso numero di giorni di interruzione.
Shari’a
Potrebbe sorprendere gli stessi musulmani di alcuni paesi moderati apprendere che oltre alla posizione della Shari’a il codice penale prevede una condanna per chi rompe pubblicamente il digiuno. Mentre paesi come la Syria prima della guerra e il Libano non prevedono alcuna punizione, in Giordania, secondo la “materia” (così viene definita) 274 del codice penale giordano, per l’anno 1960, tuttora vigente, prevede il pagamento di una multa o un mese di carcere. Nel Kuwait la materia 44 per l’anno 1968 implica la multa e il carcere per un mese; in Iraq la pena è l’incarcerazione fino alla fine del mese di Ramadan; in Palestina la materia 274 del codice penale per il 1960 è un reato perseguibile a norma di legge. Negli Emirati Arabi, secondo la nuova legge, il colpevole viene condannato a 240 ore di lavori di pubblica utilità. In altri paesi come il Pakistan, l’Indonesia e l’Arabia Saudita è prevista la fustigazione pubblica.
Alle minoranze religiose e ai turisti viene richiesto di non mangiare, bere o fumare davanti ai digiunanti per una questione di rispetto e di buona convivenza. Possono ovviamente consumare i pasti a casa propria o altrove, ma lontano dagli sguardi di coloro che praticano il digiuno. In alcuni paesi non ci sono pene per i non musulmani che non intendono piegarsi alla regola di buona convivenza, in altri paesi invece essi rischiano anche di subire condanne.
I contenuti morali del digiuno
Si può immaginare la difficoltà dell’astenersi dal mangiare e soprattutto dal bere per tutto il giorno, particolarmente in estate, con temperature molto elevate. È difficile per i fumatori non fumare. Proprio in questa sofferenza e nel saperla affrontare risiede lo scopo del digiuno. Le privazioni e la rinuncia ai piaceri rendono la persona più responsabile e forte. Il digiuno viene inoltre visto come un metodo per insegnare la disciplina e a mantenere l’autocontrollo in tutte le circostanze.
Fame e sete
Avvertire la fame e la sete ricorda all’uomo le persone in difficoltà e lo rende più sensibile nei loro confronti. Questa sensibilità si traduce in varie opere di bene verso i bisognosi che beneficiano di attenzioni ed aiuti. Oltre alla Sadaqah, o elemosina libera, è prevista, alla fine del mese di Ramadan, la Zakat Al Fitr, un’elemosina particolare consistente in una percentuale in denaro calcolata su tutti i beni posseduti: soldi, gioielli, raccolto od altro. Inoltre, a Ramadan è usanza allestire grandi tendoni, i cosiddetti Mawa’d Al Rahman, sotto i quali viene servito gratuitamente il pasto principale ai bisognosi ogni giorno e per tutto il mese.
Il digiunante si sente più vicino a Dio ed entra in un legame più forte con lui. Egli dedica ore del giorno alla lettura del Corano ed alla preghiera. La notte dopo l’Iftaralcuni musulmani si recano nelle moschee per la preghiera del Taraweeh(specifica per il Ramadan) e per ascoltare o leggere il testo sacro fino a notte inoltrata. Per questo Ramadan è definito mese della devozione e dell’adorazione, in arabo Shahr Al ‘Ibadah.
Le giornate di Ramadan costituiscono un momento sociale molto importante. È usanza diffusa invitare i parenti al pasto dell’Iftar. Ogni giorno, questo momento costituisce un’occasione d’incontro per risolvere vecchi conflitti, sciogliere i rancori e consolidare i legami tra i famigliari (Selat Al Rahm).
I pasti principali e la cucina
Il pasto principale è l’Al Iftar, che significa prima colazione, essendo appunto il primo pasto della giornata con cui si rompe il digiuno. Vengono preparati svariati piatti tradizionali e dolci tipici del mese di Ramadan che vengono serviti in quantità smisurata. Per intenderci, ogni Iftarpuò essere paragonato ad un sontuoso pranzo di Natale. La curanel preparare il menu è segno di generosità nei confronti degli ospiti ed è come una ricompensa per i digiunanti. Ai vicini di casa spetta quasi sempre un piatto, affinché possano condividere la gioia del momento.
Oltre al pasto principale, vi è un altro pasto particolare del mese di Ramadan: l’Al suhur. Trattasi di un pasto leggero (anche semplicemente bevande) da consumare prima dell’alba per affrontare meglio il digiuno della giornata.
L’abbondanza di cibo e la sua grande varietà sono a dire il vero in contraddizione con il significato di Ramadan, che è anche sinonimo di sensibilità nei confronti di coloro che si trovano nel bisogno e di rinuncia ai piaceri,ma rimane comunque un modo di festeggiare.
Ramadan tra ieri ed oggi
La vita quotidiana subisce grandi modifiche durante Ramadan: l’orario di lavoro e di scuola viene ridotto di circa un’ora al giorno e le pause pranzo vengono dimezzate. Il ritmo della vita diventa lento e quasi inesistente nel pomeriggiodopo il lavoro. Le strade sono quasi deserte nelle ore più calde. La TV presenta programmi elaboratiappositamente per questo mese, volti ad approfondire questioni religiose ma anche dedicati all’intrattenimento, per far sì che il tempo trascorra più piacevolmente. Poco prima del tramonto, le strade sono intasate perché tutti intendono essere attorno alla tavola pochi minuti prima dell’Iftar. Nelle case e davanti alla TV, tutti attendono felici l’appello alla preghiera del tramonto che segna la fine della giornata di digiuno. Prima di consumare il pasto è regola recitare la seguente preghiera: “O Dio per Te ho digiunato e con i tuoi doni rompo il digiuno. È andata la sete e si sono inumidite le vene nel tuo nome e con la tua volontà”.
Al Iftar
Subito dopo Al Iftar, la vita esplode letteralmente fino a tarda ora. La notte si tramuta in giorno, i negozi rimangono aperti fino a notte inoltrata ed alcuni ristoranti persino fino all’alba per servire il Suhur. La gente, stanca per la giornata di digiuno, esce volentieri a passeggiare e fare shopping la sera, nelle ore più fresche, dopo aver recuperato le proprie energie. Ciò avviene in tutti i giorni di Ramadan, che viene seguito dalla prima festa Eyd Al Fitr, o festa della rottura del digiuno appunto, all quale ci si prepara con compere varie, regali e l’acquisto di nuovi capi di abbigliamento, soprattutto per i bambini. Questa animazione è all’origine del termine “Ramdam”, prestito dall’arabo, inteso come movimento, chiasso o confusione.
Madfa’ Ramadan
Una tradizione che perdura ancor oggi è Madfa’ Ramadan, colpo di cannone sparato per indicare il momento della rottura del digiuno. Questa tradizione risale al 1461, in Egitto, all’epoca del sultano Mamelucco Khoshqadam. Un aneddoto racconta che il sultano, che aveva ricevuto un cannone in regalo da un amico tedesco, volle provarlo. Era il tramonto. Udito il colpo di cannone, gli abitanti del Cairo credettero che il governatore lo avesse fatto apposta per ricordare loro il momento dell’interruzione del digiuno, così andarono a ringraziarlo per questo gesto. La moglie del Sultano, Fatima, convinse Il marito di ripetere l’azione per tutti i giorni del mese. Ancor oggi in alcuni paesi è possibile assistere a questo evento, in altri esso è stato sostituito da una registrazione accompagnata o meno dalla proiezione di immagini.
Mosahharaty
Non poco fascino esercitava la tradizione rappresentata dalla figura del Mosahharaty, funzionario dello Stato che aveva il compito di svegliare la gente prima dell’alba affinché si mettesse a tavola per consumare il Suhur, ultimo pasto prima della giornata di digiuno. Egli girava per le vie del villaggio battendo un tamburo e, fermandosi sotto ogni casa, alzava la voce e con tono melodioso diceva: “svegliati o dormiente”. Rimaneva sul posto finché non riceveva risposta o vedeva accendersi una luce, segno che gli abitanti della casa erano svegli. Alla fine di Ramadan, oltre allo stipendio versatogli dallo stato, il Mosahharatyriceveva doni dagli abitanti. In alcuni paesi, i bambini svegli prima dell’arrivo del Mosahharaty, lo aspettavano sui balconi delle loro case. Quando arrivava gli chiedevano di chiamarli per nome elui, stando al gioco, ripeteva il nome di ciascuno. Questa figura è oggi quasi del tutto scomparsa, con grande disappunto della gente.
Tradizione ancora viva, anche se ormai sottotono, è quella del Fawanys Ramadn. Durante il mese sacro, i bambini vanno in giro per le stradine, giocando, cantando e portando il Fanus Ramadan, lanterna di vetro colorato con all’interno una candela. I Fawanyssono il simbolo inconfondibile di Ramadan: immagini della luna crescente e delle stelle, essi decorano le case e le strade accompagnati dalla scritta Ramadan Karym, augurio per un Ramadan generoso.
Lara Manni
Lara Manni è nata ad Amman, in Giordania. Laureata in Lingua e Letteratura Inglese presso la University of Jordan e successivamente in Lingue e Letterature Moderne e Comparate all’Università di Verona, oggi è professore a contratto presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Genova, dove insegna Lingua e Letteratura Araba.
Pubblicazioni:
Su alcuni prestiti dall’arabo nel francese attuale. “Quaderni di Lingue e eLetterature”, 31(2006).101-111;
La lingua e la civiltà arabe tra ieri, oggi e domani. “Europavicina”, 14 (2006),22-23;
La nuova Babele, Presentazione di Petterlini, Verona, QuiEdìt. 200 pp.150;
The first Arabic Translation, inThe FirstTranslation of Machiavelli’s Prince. DePol (Ed.). Part1: From the Sixteenth to the first Half of the Nineteenth Century. Amsterdam-New York. Rodopl. 2010,pp.279-304;
Noce su un manoscritto inedito di Raphael Zakhur (1759-1831). Contributo alla storia della fortuna del Principe di Machiavelli nel mondo arabo.“Storia e politica”, Anno Il, 3-2010, pp.525-541.
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