“Karl Jaspers[1] insegna che c’è una responsabilità individuale e una responsabilità collettiva, e che tutti i tedeschi furono responsabili per la Shoah, perché anche chi non commise crimini individualmente, non fece abbastanza per impedirne l’attuazione. Attualmente nel canale di Sicilia è in corso il più grande genocidio del Novecento europeo, dopo la Shoah. Molti di noi non hanno responsabilità individuali per questo, ma tutti noi siamo responsabili collettivamente , e non è un’attenuante, perché non ci ribelliamo adeguatamente”.
Clandestino italiano è un libro che, con la sua intonazione discorsiva e antiletteraria, si fa manifesto murale che urla alle coscienze come la realtà sia sempre più varia di quanto immaginiamo. Dipana la logica inflessibile di assurdità irrimediabili che hanno caratterizzato gli aspetti odiosi del nostro passato e determinato il nostro futuro. Adempie alla rottura degli schemi e al superamento dei luoghi comuni, contro la retorica degli ideali di sistema.
“Con questo libro dimostro che i migranti che arrivano con i barconi sono nostri creditori – precisa Andrea Pizzorno, storico e autore di Clandestino Italiano – perché la nostra ricchezza deriva dalla tratta degli schiavi e continua con il colonialismo. Si parla tanto di come aiutarli? Io penso che per aiutarli dovremmo smettere di derubarli”.
È un attacco duro al capitalismo moderno e al predominio occidentale sul mondo quello che Pizzorno porta avanti in queste pagine, una lucida analisi della civiltà dei consumi, con i suoi desideri mai sazi, i falsi bisogni, i falsi valori imposti da una società che fa leva sul potere del denaro e sulla violenza.
È un tentativo di sollevare quel velo che gli italiani hanno gettato sulle pagine nere del loro passato, di rivelare quanto siano spesso crudeli i capitoli non scritti nei libri di storia.
“Intendo sfatare il mito degli Italiani brava gente – continua l’autore – del fatto che noi come colonizzatori, ad esempio, siamo stati migliori degli altri. Nel 1937 i partigiani etiopi hanno ucciso sette persone tra italiani ed etiopi collaborazionisti. Le rappresaglie italiane hanno fatto un numero imprecisato di morti. Gli etiopi dicono 30.000, secondo i dati ufficiali dei carabinieri e dell’esercito i morti sarebbero intorno ai 4.000”.
Un libro che è anche testo teatrale, fatto di dialoghi serrati, dove l’autore non descrive mai la scena, impegnato com’è ad analizzare i moventi e a denunciare i mandanti.
Un testo fluido, senza ruoli prestabiliti, dove tutti possiamo diventare attori: “soltanto in un caso è indispensabile che a recitare quella parte sia un uomo, mentre in un altro caso a recitare deve essere una donna. Per il resto può cimentarsi chi vuole”.
Già, in fondo siamo tutti complici attivi e ottusi in questa costruzione di un mondo rotto.
Simona Tarzia
[1] Karl Theodor Jaspers, La questione della colpa, R. Cortina, Milano 1966.
Il libro è acquistabile on line sulla Libreria di Sensibili alle Foglie
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.