Genova – Luca Lanzanò viene premiato a Milano con il finanziamento TRIDEO 2015 (Transforming IDEas in Oncological research award) per condurre una ricerca biennale sullo studio dei meccanismi alla base dell’insorgenza dei tumori mediante l’uso delle tecniche avanzate di microscopia sviluppate presso il Dipartimento di Nanofisica dell’ Istituto Italiano di Tecnologia (iit) di Genova.
Alberto Diaspro, direttore del Dipartimento ci spiega come funziona il super microscopio.
“Il messaggio che mi piacerebbe trasmettere è che tutto ciò che abbiamo messo a punto dal 2009 ad oggi è nato su tavoli vuoti. Qui integriamo la ricerca scientifica con lo sviluppo di applicazioni tecniche: da un lato si concepiscono dispositivi per investigare in modo più fine la materia, per esempio componenti ottici; dall’altro si potenziano strumenti commerciali forniti da aziende come Leica o Nikon, che in questo modo ricevono in cambio un canale privilegiato di trasferimento tecnologico. La macchina commerciale sulla quale abbiamo sviluppato il nostro prodotto è Leica”.
Entriamo in laboratorio ed ecco l’SW-2PE-STED, il microscopio a super-risoluzione…come funziona? ”Cuore dell’invenzione sono i 100 metri di fibra ottica e il cammino della luce, attraverso i quali si realizza l’eccitazione multi fotonica che permette di estrarre i campioni dai sistemi biologici. SW significa single wavelenght cioè una sorgente di luce laser a un’unica lunghezza d’onda, quindi un unico colore, utilizzata sia per eccitare il campione che per strizzare l’immagine.
Per stimolare la fluorescenza mandiamo la luce rossa in pacchetti con una potenza di 50/100 gigawatt per cm² (paragonabile a quella di un reattore nucleare) in un intervallo temporale di 100 femtosecondi. Questo perché occorre una luce diversa dal normale per poter penetrare il campione biologico che altrimenti rimarrebbe inerte, e tempi brevissimi per ottenere un’istantanea quasi perfetta senza che la sua struttura muti bruciandosi. Diciamo “quasi” perfetta perché a questo punto subentra il problema della diffrazione il cui effetto è allargare il fascio di luce originario provocando figure di interferenza. Lo abbiamo risolto con un trucco che usa l’occhio umano quando non vede bene: come il cristallino si comprime e si avvicina meglio alla pupilla per mettere a fuoco, così noi strizziamo l’informazione luminosa”.
Sul monitor una palla arancione: è il bagliore generato per creare la ciambella… ”STED significa stimulated emission depletion ed è il sistema che permette la super risoluzione utilizzando un fascio luminoso a ciambella che strizza l’informazione e diminuisce la confusione che arriva dagli oggetti vicini. E’ importante perché quello che interessa è vedere all’interno della cellula e non come sono disposte le cellule; interessa cogliere i meccanismi che la fanno ammalare. Il salto tecnologico è utilizzare lo stesso rosso per stimolare il campione e per strizzare l’immagine: normalmente si usano luci diverse, che non si distorcono allo stesso modo e quindi non permettono lo strozzamento anche all’interno di un organo. Nei prossimi anni, invece, sarà possibile arrivare a un sistema portabile in un essere vivente, sarà possibile studiare i meccanismi molecolari di tessuti e organi di un corpo umano senza metallizzare o sezionare il soggetto”.
Perché non subito? “E’ necessario innanzitutto creare un apparecchio robusto, da utilizzare all’interno dello scenario operatorio per consentire di vedere e decidere in tempo reale. Poi occorre miniaturizzarlo e compattarlo: il prodotto finito dovrebbe essere assimilabile, quanto all’aspetto, a un endoscopio. Una delle fasi che mi preme di più è quella della messa in pratica, dell’utilizzo da parte del medico o del biologo: è uno strumento nuovo, che mostra le cose in modo diverso, occorrerà fornire all’operatore dei parametri tipo attraverso i quali estrarre i dati”.
Sono stati compiuti esperimenti su campioni viventi? “Per ora utilizziamo cellule normalmente usate in coltura”.
Mentre intervistiamo il Professor Diaspro, l’equipe si avvicenda al tavolo per mostrarci come funziona il super microscopio: Paolo Bianchini, primo autore dell’articolo “Single wavelenght PE-STED superresolution imaging” apparso sulla prestigiosa rivista internazionale PNAS; Francesca Cella Zanacchi, un giovane cervello strappato a Yale; Zeno Lavagnino; Benjamin Harke, uno tra i tanti ricercatori stranieri che hanno scelto l’iit; e Giuseppe Vicidomini che è un cervello in fuga rientrato in Italia dopo tre anni al Max Planck.
Lasciamo il piano dei laboratori e ci dirigiamo all’uscita… è l’ora della pausa caffè e c’è un gran via vai di giovani ricercatori provenienti da ogni parte del mondo. Ancora un momento per la foto di gruppo e poi ce ne andiamo, mi risuona in testa una frase di Albert Einstein: ”Il processo di una scoperta scientifica è un continuo conflitto di meraviglie”.
Simona Tarzia
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.