Tre sindaci si sono succedutii nell’opera di mutazione dell’Antica Genova, da Piccapietra a Madre di Dio. Tre uomini che rappresentavano i cittadini: Pertusio, Pedullà e Piombino
Sono tre i cognomi che costruiscono una trama cronologica di trasformazioni urbanistiche della città: Pertusio, Pedullà e Piombino.
Nel 1951 Pertusio decide di dare il via a un progetto perseguito dal periodo del fascismo: fare di Piccapietra una zona destinata esclusivamente a moderni uffici. Per raggiungere l’obiettivo occorrerà abbattere il colle, eliminare il Pammatone, la statua del Balilla, e la vicina casa d’appuntamenti di vico Pevere (anche quella).
Il suggeritore di questo brillante progetto ha un nome e cognome: Alberto Pongiglione, allora solo un giovane speculatore edilizio in erba.
È lui che dopo Piccapietra, sempre negli anni ’60, sempre durante la reggenza del sindaco Pertusio, stimola quest’ultimo per un suo progetto: abbattere la zona di Prè per poter costruire alle spalle della zona dell’Università di via Balbi. Il 40 % degli appartamenti viene liberato, soprattutto per le condizioni di degrado della via, ma qualcosa si inceppa, perchè al posto del sindaco Pertusio viene eletto Pedullà.
C’era però un’altra zona appetibile, con le stesse caratteristiche, un affare altrettanto interessante, in un posto sempre di valore come quello di Portoria. È via Madre di Dio. Pongiglione inizia così ad acquistare interi stabili della zona e a lasciarli privi di manutenzione, facendo sì che nel giro di poco tempi si svuotino e cadano nel degrado giustificandone la demolizione. Naturalmente, per trovare questi soldi, attinge a piene mani da crediti della Cassa di Risparmio di Genova che foraggia i suoi piani fino a farlo arrivare al debito di una quarantina di miliardi di lire alla fine degli anni ’60. Ormai il dado era tratto. Immaginabili gli appoggi di cui godette all’epoca da parte di tutti i partiti in questo suo progetto poi realizzato davvero. A scandalo conclamato Pongiglione, dal banco degli imputati, volle scagionarsi dicendo di non aver portato capitali all’estero, semmai dall’estero verso Genova. E il sindaco Pertusio, di essere sempre stato iscritto a “Italia Nostra”, l’associazione di conservazione per l’ambiente.
Ma la tesi di Pongiglione di non avere mai portato capitali all’estero si sfalda dopo le indagini di polizia e le prime attenzioni della magistratura dell’epoca e di due giudici sconosciuti che di cognome facevano Sossi e Monetti. È il 10 gennaio 1980 e l’Unità scrive: “La condanna di Alberto Pongiglione e del suo gruppo. GENOVA. MULTA DI 12 MILIARDI AL BOSS DELL’EDILIZIA. 17 anni e mezzo di carcere comminati a tutti gli imputati – Anche un sequestro dei beni ordinato dai giudici – Una lunga vicenda di protezioni, complicità e aziende fantasma in Svizzera. GENOVA – Diciassette anni e mezzo di carcere e 58 miliardi di multa: è la somma delle pene inflitte dal tribunale penale di Genova al costruttore Alberto Pongiglione – uno dei più grossi nomi dell’imprenditoria genovese in questi ultimi venticinque anni – e a quattro imputati, riconosciuti colpevoli di frode valutaria per almeno venti miliardi di lire. Questo il dettaglio delle condanne: cinque anni di reclusione, dodici miliardi di multa e interdizione perpetua dai pubblici uffici per Alberto Pongiglione. Tre anni di carcere, cinque miliardi e cinque anni di interdizione per la moglie Bianca Salvi. Due anni e mezzo di detenzione e un miliardo di multa per il fratello Vincenzo. tre anni e mezzo e venti miliardi di multa ciascuno per i complici italo – svizzeri Enrico Walser e Luigi Zullig, entrambi interdetti per cinque anni dai pubblici uffici. Tutti dovranno, poi, risarcire lo Stato per i danni provocati dalla frode”.
La sentenza ordina inoltre la confisca di azioni di aziende italiane facenti capo al “gruppo” ma intestate a società estere, e degli immobili di proprietà dei Pongiglione, già sotto sequestro penale dalla primavera scorsa. Immobili che rappresentavano la garanzia dei crediti per quaranta miliardi di lire concessi al gruppo dalle banche, le quali – Cassa di Risparmio in testa – debbono oggi etichettare quei crediti incauti come scoperti enormemente e irrimediabilmente in rosso.
La vicenda al centro del processo è ormai ben nota: i tre Pongiglione, con l’appoggio di Walser e Zullig, manovrarono raggruppamenti di società italiane e società ombra per realizzare – tramite l’immobiliare San Gallo – la gigantesca e fallimentare speculazione di via Madre di Dio, cuore del centro storico genovese svuotato dei suoi abitanti, sventrato e trasformato in una “city” dai costi vertiginosi. Il tutto mantenendo all’estero, dopo l’entrata in vigore delle norme valutarie del 1975, valuta pregiata e attività redditizie dietro il paravento delle società ombra di cui si diceva, opportunamente costituite a suo tempo in Svizzera e nel Liechtestein.
Mauro Salucci
Mauro Salucci è nato a Genova. Laureato in Filosofia, sposato e padre di due figli. Apprezzato cultore di storia, collabora con diverse riviste e periodici . Inoltre è anche apprezzato conferenziere. Ha partecipato a diverse trasmissioni televisive di carattere storico. Annovera la pubblicazione di “Taccuino su Genova” (2016) e“Madre di Dio”(2017) . “Forti pulsioni” (2018) dedicato a Niccolò Paganini è del 2018 e l’ultima fatica riguarda i Sestieri di Genova .
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