[vc_row][vc_column][vc_column_text]I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno sequestrato oltre trecentomila paia di calzature a falso marchio “Converse-ALLSTAR” in depositi nella zona sud-est della Capitale.Denunciati 6 commercianti cinesi.
In particolare, i Finanzieri del Gruppo Pronto Impiego hanno concluso una rilevante operazione a contrasto della contraffazione che ha consentito di smantellare un sodalizio criminoso cinese dedito all’importazione e alla commercializzazione all’ingrosso delle note calzature imitate alla perfezione.
I militari della Finanza, grazie alle attività investigative avviate a seguito del monitoraggio della zona commerciale del Rione Esquilino, hanno individuato due negozi di calzature presso i quali erano vendute le celebri, ma decisamente false, scarpe CONVERSE.
I successivi approfondimenti, finalizzati alla ricostruzione della filiera del falso e a individuare i canali di approvvigionamento della merce, hanno portato le Fiamme Gialle, dopo accurati appostamenti e pedinamenti nei confronti dei responsabili, a tre aziende di import-export e di ingrosso calzature operanti nell’hinterland romano, in particolare nei quartieri di Tor Cervara e della Borghesiana e nella zona adiacente al GRA di via Casilina.
Il contemporaneo accesso in tutti e 5 gli imponenti capannoni industriali individuati ha permesso di rinvenire e sottoporre a sequestro oltre 300 mila paia di scarpe riproducenti sia il form factor che il marchio “Converse – ALL STAR” contraffatto, ma di elevata qualità, tale da poter indurre in inganno anche un consumatore esperto. Sono stati sigillati e messi sotto sequestro 7000 colli dei quali i proprietari del capannone non hanno saputo indicare la provenienza e non sono stati in grado di fornire la documentazione fiscale.
I 6 commercianti di nazionalità cinese, responsabili dell’immissione nel territorio dello Stato e del commercio di prodotti recanti segni falsi, sono stati così denunciati alla competente Autorità Giudiziaria della Capitale.
L’eventuale commercializzazione dell’ingente quantitativo di merce avrebbe garantito introiti indebiti per oltre 10 milioni di euro, drogando il mercato, minando la libera concorrenza e, non ultimo, alimentando il fenomeno dell’abusivismo commerciale.
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