Genova – Tutto da rifare. Ad aggiustare il tiro contro le discusse aziende dei fratelli Fotia è la Cassazione che ieri ha annullato la sentenza di secondo grado e rinviato le carte alla Corte d’Appello di Genova per un nuovo esame.
Condannati nel 2017 con rito abbreviato dal Tribunale di Savona, che aveva disposto la confisca dei beni già sotto sequestro preventivo, erano andati assolti a gennaio di quest’anno dalla Corte d’Appello di Genova che aveva stabilito la restituzione degli stessi beni.
Ora arriverà l’appello-bis a mettere fine alla grande corsa per le assegnazioni pubbliche del gruppo di Africo ma i dieci milioni di euro confiscati e poi restituiti, nel mentre che fine avranno fatto?
L’antefatto: il gioco dei subappalti e delle intestazioni fittizie
Volevano eludere le misure di prevenzione antimafia e continuare a trafficare con gli appalti pubblici come se niente fosse.
Per questo il 9 marzo del 2015 gli uomini della DIA e la polizia di Savona avevano eseguito il sequestro preventivo dei beni aziendali, e parliamo di 10 milioni di euro, per Pietro, Francesco e Donato Fotia, leader del movimento terra nel savonese, accusati di intestazione fittizia.
Colpiti nel 2012 da un’interdittiva antimafia, confermata dal Consiglio di Stato nel 2014, secondo gli inquirenti i tre fratelli avevano dribblato i controlli della Prefettura facendo assorbire l’interdetta Scavo-Ter Srl da due nuove società, P.d.f. e Seleni Srl, intestate a due prestanome: il nipote Giuseppe Criaco e il direttore tecnico Remo Casanova.
Queste “scatole di cartone” servivano a nascondere la partecipazione dei Fotia e della loro azienda storica in numerosi appalti: dai cantieri per il raddoppio della linea ferroviaria Genova-Ventimiglia, al villaggio hi-tech di Erzelli, alla piattaforma Maersk di Savona, fino ai lavori banditi da Sviluppo Genova per la strada Lungo Polcevera.
Tra i subappalti contestati anche il restyling all’Università Bicocca di Milano
Nonostante il decreto di interdittiva del 2012, la Gruppo Corsaro Srl di Catanzaro, che si era aggiudicata i lavori al nuovo edificio U10 dell’Università Bicocca di Milano, chiede di subappaltare alla Scavo-Ter che in questo modo riesce ad accaparrarsi l’esecuzione delle opere di scavo e movimento terra.
Quando, alcuni mesi dopo, l’Università si accorge dell’interdittiva e revoca il contratto, la Corsaro torna alla carica e propone di subappaltare proprio alla P.d.f., l’azienda del giro di società dei Fotia affidata ai due prestanome Criaco e Casanova.
Casanova era anche il direttore di cantiere della Corsaro a Milano.
Ma chi sono i Fotia della Scavo-Ter?
Se è vero che per i fratelli Fotia non c’è stata nessuna contestazione di 416-bis, leggendo le carte del decreto di sequestro salta all’occhio che di ‘ndrangheta si parla parecchio.
Soprattutto delle frequentazioni di questa famiglia originaria di Africo, comune della città metropolitana di Reggio Calabria, con alcuni elementi della cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti, frequentazioni rafforzate da una solida politica matrimoniale: le donne Fotia, in effetti, di cognome fanno Palamara e Bruzzaniti.
Simona Tarzia
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.