DIA, presentata oggi la semestrale che indaga le mafie sul territorio nazionale: ecco i nomi delle famiglie attive sul territorio ligure nel 2019
Genova – La presenza di proiezioni extraregionali di tipo mafioso è registrata, in Liguria, fino dalla metà del secolo scorso. La criminalità organizzata è attirata dalla ricchezza del tessuto economico-imprenditoriale, dall’importanza del porto e dalla particolare collocazione geografica, crocevia tra la Versilia, la Costa Azzurra, le regioni del Nord Italia e il Nord Europa.
L’organizzazione criminale più infiltrata nella nostra regione è la ‘ndrangheta.
Le strutture di ‘ndrangheta attive nelle diverse province liguri hanno privilegiato nel tempo la logica degli affari piuttosto che quella del sangue, logica che punta a un’infiltrazione silente nell’economia. È opportuno rimarcare, infatti, come la grande capacità dei sodalizi – soprattutto quelli calabresi – di dissimulare la propria azione nel contesto sociale ligure abbia impedito una piena comprensione della gravità del fenomeno mafioso nel territorio regionale.
Questo ha senz’altro favorito la capillare infiltrazione della ‘ndrangheta, affermatasi nella Regione attraverso una struttura criminale denominata Liguria . A quest’ultima si sono affiancate nel tempo almeno quattro unità periferiche, cioè le “locali” individuate nelle zone di Ventimiglia (IM), Genova, Lavagna (GE) e Sarzana (SP), più numerose ‘ndrine concentrate soprattutto nell’imperiese.
Tali compagini operano in stretta sinergia tra di loro e si relazionano con il Crimine reggino attraverso la Camera di controllo, un’entità mafiosa intermedia e di raccordo con sede a Genova.
Le relazioni con strutture attive all’estero, in particolare in Francia sulla Costa Azzurra, vengono, invece, intrattenute attraverso una struttura dislocata a Ventimiglia – denominata Camera di passaggio – che garantisce la continuità operativa e strategica tra le locali nazionali e le analoghe proiezioni ultra-nazionali.
Le cosche calabresi in Liguria hanno evidenziato una spiccata capacità di entrare in connessione con esponenti della cd. area grigia – imprenditori, professionisti, funzionari pubblici ed amministratori locali – che ha favorito l’acquisizione di un patrimonio relazionale indispensabile per realizzare i progetti criminosi. Emblematico il ricorso di taluni imprenditori contigui a tali ambienti mafiosi, a pratiche collusive o corruttive verso amministratoripubblici per l’acquisizione indebita di appalti, sub-appalti, forniture, licenze edilizie, concessioni demaniali ed altri benefici. Non è mancato, in alcuni casi, il ricorso ad atti intimidatori finalizzati a superare le resistenze ai tentativi di condizionamento delle amministrazioni locali.
Con riferimento ai rapporti con la Pubblica Amministrazione, è di grande importanza la sentenza emessa il 7 giugno 2019 dal Tribunale di Genova, a conclusione del processo di primo grado scaturito dall’indagine “I Conti di Lavagna”. In tale contesto, sono stati condannati, tra gli altri, due ex sindaci, Gabriella Mondello e Giuseppe Sanguineti, per corruzione elettorale, aggravata per aver favorito la ‘ndrina NUCERA-RODÀ.
La presenza ultradecennale delle mafie in territorio ligure, in particolare delle cosche calabresi, ha ampliato negli ultimi anni gli interessi criminali anche verso il business del traffico di stupefacenti, assicurato dalla presenza di importanti scali marittimi come quello di Genova, attracco privilegiato per la sua posizione di centralità nel Mediterraneo, o Savona e La Spezia, considerati una valida alternativa ai porti di Gioia Tauro (RC), Napoli e Salerno.
Provincia di Genova
Nel capoluogo e nel contesto provinciale è stata processualmente riconosciuta l’operatività di due articolazioni di ‘NDRANGHETA. In particolare permane il ruolo egemonico del locale di Genova, riconducibile ad un esponente di spicco della ‘ndrina GANGEMI di Reggio Calabria. Il sodalizio ha fatto da capomaglia ai referenti di diverse famiglie mafiose calabresi – migrate nel capoluogo genovese a partire dagli anni’70 – quali gli AVIGNONE di Taurianova (RC), i mammolesi CALLÀ- MACRÌ, i COMMISSO di Siderno, oltre ai BONAVOTA di Sant’Onofrio (VV).
È stato giudiziariamente censito anche il locale di Lavagna: il 7 giugno 2019 il Tribunale di Genova ha condannato quattro esponenti delle famiglie NUCERA-RODÀ, strettamente collegate alla cosca calabrese RODÀ-CASILE di Condofuri (RC). Il processo trae origine dall’inchiesta “I Conti di Lavagna” del 2016. Va evidenziato, inoltre, che nell’ambito del procedimento di prevenzione patrimoniale nei confronti di due esponenti del contesto mafioso in parola, il 26 aprile 2019, il Tribunale di Genova ha emesso un decreto di confisca del patrimonio a loro riconducibile – ubicato tra Lavagna (GE), Sestri Levante (GE) e Milano – per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro.
Con riferimento al traffico di sostanze stupefacenti, il 5 febbraio 2019, nell’ambito dell’operazione “Sidera”, a Genova e a Sant’Olcese (GE), i Carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sette soggetti di origine reggina e sidernese componenti di un gruppo criminale gravitante nell’alveo ‘ndranghetista genovese, responsabili di traffico e spaccio di cocaina, hashish e marijuana e violazione della legge sulle armi.
Quanto alla CRIMINALITÀ MAFIOSA SICILIANA, il 6 marzo 2019, a Genova, è stata arrestata una donna – originaria di Riesi (CL), ma da decenni trasferitasi a Genova – ritenuta la mandante, per motivi passionali, dell’omicidio di un cittadino albanese scomparso da Genova nel 2013, il cui cadavere è stato rinvenuto solo nel gennaio 2019 a Senago (Monza Brianza). Nel medesimo contesto, in qualità di esecutori materiali dell’omicidio, sono stati arrestati tre soggetti ritenuti contigui alla famiglia mafiosa CAMMARATA di Riesi (CL), da tempo attivi in Lombardia.
Altro fatto di sangue riconducibile alla criminalità organizzata siciliana è l’omicidio, avvenuto il 23 aprile 2019 a Chiavari, di un ex collaboratore di giustizia di origine catanese – affiliato alla famiglia mafiosa PULVIRENTI, collegata ai SANTAPAOLA – attribuito ad un cittadino italiano incensurato, che avrebbe agito per motivi passionali.
La presenza in Liguria di famiglie campane, legate indirettamente ai CLAN DI CAMORRA, è da riconnettere prevalentemente al fenomeno migratorio. Le proiezioni camorristiche che nel tempo si sono evidenziate nel capoluogo hanno spesso fornito supporto anche ad altri sodalizi per concorrere all’attuazione dei programmi delittuosi.
Sebbene la camorra non annoveri sodalizi strutturati nella provincia di Genova, non è risultata estranea, anche di recente, a tentativi di infiltrazione nell’economia legale. In proposito, proprio l’indotto inerente i lavori di demolizione e ricostruzione di ponte Morandi costituisce ulteriore fonte di attrazione criminale.
Il 18 giugno 2019, nell’ambito dell’operazione “Var”, la DIA ha eseguito, in Liguria e in Campania, un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’amministratore di fatto di una società con sede legale a Napoli – già impegnata, in sub-appalto, nei lavori di demolizione del “Ponte Morandi” – e di una donna considerata prestanome nell’ambito della medesima compagine societaria. In particolare l’uomo, un 65enne napoletano residente a Rapallo (GE), effettivo amministratore della società, è risultato già condannato per associazione per delinquere in un procedimento nel quale erano coinvolti affiliati al clan MISSO-MAZZARELLA-SARNO, appartenenti all’organizzazione camorrista NUOVA FAMIGLIA. L’uomo aveva una condanna anche per estorsione tentata in concorso, con l’aggravante di aver commesso il fatto con modalità mafiose, in un altro procedimento da cui emergevano rapporti con il sodalizio camorristico D’AMICO, radicato nel Rione Villa di Napoli e riconducibile ai MAZZARELLA.
Il provvedimento restrittivo trae origine da un’articolata indagine che aveva già comportato, sulla base dei primi accertamenti di carattere amministrativo, l’emissione, nel mese di maggio, di un’informazione interdittiva antimafia.
Dalle indagini condotte dalla DIA è emerso chiaramente il disegno criminoso dei due indagati, che ha visto la donna operare come un prestanome delle attività dell’uomo, il quale – dopo che la società era stata estromessa dal sub appalto relativo ai lavori di demolizione di ponte Morandi – si era già attivato per formare una nuova compagine sociale composta da congiunti e persone fidate per continuare ad operare nello stesso settore.
Provincia di Imperia
La provincia di Imperia risente delle proiezioni delle cosche reggine SANTAITI-GIOFFRÈ, GALLICO, PIROMALLI, MAZZAFERRO, ALVARO e PELLE, che fanno capo al locale di Ventimiglia.
Non è casuale che da qualche anno, proprio a Ventimiglia, si celebri nel mese di settembre la ricorrenza della “Madonna della Montagna”, parallelamente a quella celebrata nello stesso periodo presso il Santuario di Polsi, a San Luca d’Aspromonte (RC), manifestazione religiosa nel corso della quale, storicamente, si tengono dei summit di ‘ndrangheta.
Proprio con riferimento al locale di Ventimiglia si evidenzia che, nell’ambito del processo-bis presso la Corte di Appello di Genova, relativo all’indagine dei Carabinieri “La Svolta” – conclusa nel 2010 e che aveva scandagliato le infiltrazioni delle cosche a Ventimiglia e Bordighera – è stata accertata la presenza e l’operatività della struttura di ‘ndrangheta, facente capo alla famiglia MARCIANÒ – referente dei PIROMALLI e MAZZAFERRO della Piana di Gioia Tauro.
Il predetto locale – definito Camera di passaggio o di transito – è risultato funzionale al collegamento con l’omologa proiezione ultranazionale, attiva nella vicina riviera francese, di cui si è fatto cenno.
Tra Taggia e Sanremo opererebbero alcuni soggetti collegati alle cosche di Palmi e Gioia Tauro .
Nella zona di Bordighera è attivo il cd. “sottogruppo di Bordighera”, riconducibile alla famiglia BARILARO-PELLEGRINO, proiezione della cosca SANTAITI-GIOFFRÈ di Seminara (RC), i cui elementi di vertice e sodali sono stati colpiti da pesanti condanne nell’ambito delle inchieste “La Svolta” e “Maglio 3”, entrambe pendenti presso la Corte di Cassazione.
Si rammenta che l’autonomia operativa riconosciuta alla cellula criminale di Bordighera – in assoluta antitesi rispetto al “mimetismo” adottato dalla struttura principale facente capo ai MARCIANÒ e dalle altre stanziate in Liguria – sarebbe da riconnettere al modus operandi “platealmente mafioso” che ne avrebbe contraddistinto l’azione. Il “sottogruppo di Bordighera”, infatti, pur avendo manifestato una spiccata vocazione imprenditoriale sia nell’estremo Ponente che nella vicina Costa Azzurra, negli anni si è reso responsabile di plurime condotte criminali.
In merito alle divergenze concernenti il diverso modus operandi tra il gruppo di Ventimiglia ed il “sottogruppo di Bordighera”, nella motivazione della sentenza la Corte d’Appello ha precisato: “…E’ emerso così il disappunto di MARCIANÒ…., davanti al quale in precedenza tutti dovevano presentarsi per assumere qualsiasi decisione, anche le più marginali ….è emersa l’accusa da parte del primo per aver visto disgregare le attività criminose a causa dell’eccesso di ostentazione praticato ed il disincanto del secondo (il gruppo PELLEGRINO) ….Oltre a ciò, può anche agevolmente dedursi la riprova del fatto che si fosse mantenuta una certa interazione tra i due gruppi e che i membri delle famiglie PELLEGRINO-BARILARO operassero comunque parametrandosi anche col gruppo di Ventimiglia…”.
Nella stessa area sono censiti altri gruppi familiari, anche loro provenienti da Seminara e legati da vincoli di sangue, come la famiglia DE MARTE da tempo insediatasi a Diano Marina (IM). In tale contesto si richiamano gli esiti dell’operazione “Selfie”1092 – coordinata dalla DDA di Reggio Calabria e condotta dai Carabinieri – che ha avuto riflessi anche nella provincia imperiese, atteso il coinvolgimento proprio di esponenti della citata famiglia DE MARTE. L’indagine, collegata ad una precedente attività investigativa della Polizia di Stato di Imperia1093, ha documentato la sistematica attività di spaccio di cocaina e marijuana posta in essere dai DE MARTE nell’estremo ponente ligure (nella c.d. “Riviera dei fiori”), stupefacente acquistato con la garanzia prestata ai fornitori direttamente dai GIOFFRÈ di Seminara. Riguardo a questi ultimi, si segnala l’arresto di un esponente di vertice della cosca, legato da vincoli di parentela ai DE MARTE, avvenuto a Diano Castello (IM) il 26 febbraio 2019 da parte dei Carabinieri di Palmi (RC).
Nel comprensorio di Sanremo, si è evidenziata la presenza di proiezioni della famiglia GALLICO di Palmi, come emerso sia nell’ambito dell’indagine reggina “Cosa mia” – a carico di esponenti della cosca federata GALLICO- MORGANTE-SGRÒ-SCIGLITANO – sia nell’ambito di un’indagine che ha coinvolto anche esponenti della fa- miglia mafiosa dei MAGNOLI (dimoranti in Francia), nel narcotraffico internazionale.
Riguardo alle organizzazioni mafiose siciliane e campane, non si sono registrate nel semestre operazioni di polizia che ne abbiano evidenziato l’operatività.
Tuttavia, nella zona di Sanremo è da tempo nota la presenza del gruppo ALBERINO, attivo nella contraffazione e commercializzazione di marchi falsificati, contiguo alla famiglia TAGLIAMENTO, da tempo presente in Costa Azzurra e proiezione del clan ZAZA.
Provincia di Savona
Le evidenze giudiziarie degli ultimi anni hanno confermato l’esistenza di proiezioni extraregionali delle cosche reggine PALAMARA-MORABITO-BRUZZANITI, PIROMALLI e RASO-GULLACE-ALBANESE nella provincia di Savona. Quest’ultimo sodalizio risulta connesso con altri gruppi famigliari calabresi, come i FAMELI di San Ferdinando di Rosarno (RC) e i FOTIA di Africo (RC), i cui componenti sono stati oggetto d’indagini preventive e repressive della DIA . Tali gruppi avevano costituito, nel savonese, realtà imprenditoriali di rilievo, ritagliandosi posizioni dominanti in settori produttivi tipici, quali quello edilizio, immobiliare e del movimento terra, gestiti sia direttamente che attraverso la schermatura di prestanome.
La relazione non registra l’operatività di organizzazioni criminali siciliane e campane.
Provincia di La Spezia
Nella provincia di La Spezia, le acquisizioni investigative degli ultimi anni hanno evidenziato la presenza di un locale nell’area di Sarzana, proiezione extraregionale del cartello mafioso PANGALLO-MAESANO-FAVASULI, ricadente nell’alveo criminale del locale di Roghudi.
Nella stessa provincia si sono altresì evidenziati altri gruppi originari del crotonese, ritenuti contigui a contesti di ‘ndrangheta, ma non riconducibili alla cellula mafiosa sarzanese.
Si fa particolare riferimento agli ABOSSIDA di Crucoli (Crotone), contigui ai cirotani FARAO-MARINCOLA, da anni presenti a La Spezia, dove hanno investito – in imprese, beni mobili e immobili – i proventi illeciti derivanti dell’attività di narcotraffico internazionale di cocaina del defunto boss. Il 28 febbraio 2019, a La Spezia, i Carabinieri hanno eseguito un decreto di confisca emesso dal locale Tribunale nei confronti di quattro esponenti della famiglia ABOSSIDA. Il provvedimento ha riguardato beni per un valore complessivo stimato in oltre 5 milioni di euro. Altro gruppo originario del crotonese evidenziatosi per gli investimenti in attività produttive è quello dei MUTO di Cutro, in provincia di Crotone.
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.