Genova – In Liguria la ‘ndrangheta ha trovato casa da molto tempo. Ed è confortevole. Perché in Liguria c’è tutto.
Ci sono i porti, dove gestire le rotte della droga e dei rifiuti pericolosi.
Ci sono i confini, che fanno della regione il crocevia ideale per i traffici criminali col resto del Nord Italia, con la Versilia, con il Nord Europa ma soprattutto con la Costa Azzurra.
E poi c’è un’ampia zona grigia che la rende un feudo sicuro per le cosche.
Un ammasso di imprenditori, colletti “bianco sporco”, funzionari pubblici e amministratori locali che mentre indossano la maschera dell’antimafia concludono accordi sottobanco con le ‘ndrine.
È così che la ‘ndrangheta marca il territorio, come cani che pisciano negli angoli dei palazzi della politica, mostrando i denti a tutti quelli che provano a dire no.
Scrive la DIA nell’ultima Semestrale presentata al Parlamento: “Le indagini degli ultimi anni hanno messo in luce la capacità collusiva della criminalità organizzata con le amministrazioni locali e il sistematico tentativo di condizionarne l’attività decisionale, ricorrendo di norma a pratiche corruttive. Una conferma dei metodi e dell’azione messa in campo si può individuare nelle motivazioni della sentenza del procedimento I Conti di Lavagna, che ha condannato per associazione di tipo mafioso esponenti della locale di Lavagna, riconducibile alla ‘ndrina Nucera, e per corruzione elettorale due amministratori del Comune di Lavagna, poi sciolto nel 2017 per condizionamenti della criminalità organizzata”.
C’è chi dice no
“Con mafia e camorra bisogna convivere e i problemi di criminalità ognuno li risolva come vuole […]. Questo problema però, non ci può impedire di fare le infrastrutture”.
Era il 2001 quando Pietro Lunardi, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti di uno dei Governi Berlusconi, se ne uscì con questa frase infelice parlando di Grandi Opere strategiche da realizzare al Sud.
E chissà in quanti, tra i politici, la pensano ancora allo stesso modo, incantati da un mucchio di soldi pubblici da spartire con le cosche.
O da un mucchio di voti.
Storie note e subito dimenticate.
Storie che chi s’ingrassa alla tavola delle cricche sceglie di non vedere.
E così, mentre la schiera dell’antimafia a intermittenza si parla addosso, chi si ribella per davvero si ritrova isolato.
Succede a Christian Abbondanza.
Memoria storica della lotta alla ‘ndrangheta, sempre vicino a chi denuncia, Abbondanza è il blogger antimafia che con le sue inchieste fa tremare la Liguria di destra e di sinistra.
E succede a Nadia Gentilini.
Ex immobiliarista di Chiavari, candidata alle regionali con Base Costituzionale a sostegno di Marika Cassimatis Presidente, dopo ripetute intimidazioni ha presentato a giugno una memoria alla Commissione Parlamentare Antimafia per denunciare quello che ha definito “il mio incontro con la mafia”.
Nella nostra intervista la Gentilini racconta i nuovi tasselli della sua storia, quelli che finalmente potrebbero portarla a una svolta e far crollare il sistema.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.