Le mafie, in Liguria come altrove, si coordinano tra loro.
‘Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra esistono da decenni in questa Regione e dopo conflitti e azioni eclatanti – che avrebbero dovuto creare allarme sociale e attirare attenzioni investigative e giudiziarie – hanno saputo armonizzarsi nella spartizione di ciò che più gli interessa: gli affari.
Il negazionismo
E se è vero che l’incontro con la massoneria – forte di articolazioni “coperte” al fianco di quella formalmente legale – ha rappresentato e rappresenta uno degli elementi di forza delle organizzazioni mafiose e della ‘ndrangheta in particolare, anche in questa regione del Nord, è soprattutto l’accettazione sociale, politica e imprenditoriale l’elemento fondamentale del loro potere di inquinamento e condizionamento.
Il negazionismo, come anche l’acquiescenza e l’accettazione delle organizzazioni mafiose, non è stato scalfito minimamente dalle inchieste e nemmeno dalle sentenze che di recente hanno confermato anche sul piano giudiziario il radicamento e l’operatività delle cosche.
Troppe sfumature di grigio
Le varie sfumature di “grigio”, che vanno dalla contiguità alla più pesante complicità e cointeressenza, si registrano in ogni ambito. Dal territorio con le comunità locali al mondo delle imprese e dei professionisti, dal mondo della politica sino anche ai settori di controllo.
La linea netta di demarcazione tra il mondo illegale e quello legale in Liguria non esiste più perché regnava e regna incontrastata la logica per cui non si devono mettere i bastoni tra le ruote alle organizzazioni mafiose quando tale contrasto mette in discussione gli equilibri politici ed economici.
Sì perché la ‘ndrangheta, con la colonizzazione di questa regione, rappresenta, come nella “terra madre”, una multiservizi per la politica (porta voti), per l’economia (porta soldi).
Una multiservizi che, in altre parole, è ammortizzatore sociale e bacino elettorale.
La politica delle tre scimmiette
Questo è il quadro che emerge dalle inchieste, periodicamente evidenziato nelle Relazioni della Direzione Investigativa Antimafia e della Procura Nazionale Antimafia. Un quadro chiaro e nitido che però non viene affrontato ma anzi è sistematicamente ignorato (quando non negato) dalla politica.
Sentiamo parlare di mafia come “ectoplasma”, come se non avesse nomi e cognomi, imprese.
Sentiamo parlare di “pericolo” di infiltrazione, come un’ipotesi futura. Sentiamo prospettazioni ingenue e/o fuorvianti. Non è incapacità di analisi (basta saper leggere per comprendere la diagnosi) è assenza della volontà di affrontare il problema per quello che è.
È espressione della volontà di non andare a intaccare quegli equilibri politici ed economici che vedono le organizzazioni mafiose, e in primis la ‘ndrangheta, quali interlocutori e “facilitatori” per l’economia e la politica.
La mafia non è un ectoplasma
Non servono altre parole. Bastano i dati documentali per comprendere la portata devastante del radicamento di una mafia dimostratasi capace di essere pienamente integrata nel mondo imprenditoriale, economico e politico di questa Regione. E bastano questi dati per comprendere quali siano, ad esempio, in tempo di elezioni, coloro che si dimostrano consapevoli della gravità della situazione (attuale e non ipotetica) e che quindi possono rappresentare o meno un argine capace di azioni serie ed efficaci di prevenzione e contrasto.
Le mafie non si sconfiggono nei Palazzi di Giustizia. Lì lei colpiscono.
Le mafie si sconfiggono isolandole, minando e negandogli il consenso sociale, la disponibilità all’accettazione da parte della politica, delle imprese e della comunità (cioè di noi semplici cittadini). Finché la politica – e gli schieramenti delle coalizioni principali purtroppo confermano questa linea – inserirà candidati “graditi” al contesto mafioso e terrà lontano dalle proprie liste coloro che graditi a quel mondo non sono, non vi è speranza di spezzare questo legame perverso che conduce al condizionamento della gestione della cosa pubblica, del territorio e dell’economia, ovvero della vita della comunità stessa.
Le mafie, capaci di insabbiarsi, comprano, corrompono e ricattano. Minacciano anche.
Hanno saputo farsi parte integrante delle comunità usando ogni strumento possibile per accreditarsi, compresi lo sport, il calcio e la religione.
Serve contrastare questo modus operandi con scelte nette e coerenti, dotandosi di anticorpi. Anticorpi che, prima di tutto, per dare un segnale tangibile alla comunità, devono essere rappresentanti dal rigetto da parte della politica di candidati e sostenitori che ricadano in una qualsivoglia sfumatura di grigio, dalla più tenue e quasi impercettibile alla più marcata.
Senza questo rigetto e con il compromesso, perché i voti non puzzano, la forza delle mafie, al di là delle parole, degli slogan, di parate o passerelle, non si intacca ma si rafforza.
Christian Abbondanza
Blogger antimafia che da anni si preoccupa di denunciare nomi e cognomi e connivenze della ‘ndrangheta in Liguria. È il presidente della Casa della Legalità ONLUS, un occhio aperto sulla criminalità, le mafie, i reati ambientali e le complicità della Pubblica Amministrazione.