Genova – Egle Possetti, portavoce del Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi ha criticato duramente un paio di articoli scritti dal Professor Vittorio Coletti sul quotidiano “La Repubblica”.
L’articolo che ha maggiormente suscitato le dure parole della Possetti ha per titolo “Una giustizia popolare” che si può leggere QUI.
Nell’articolo, in effetti un po’ superficiale, con rimandi storici poco attinenti e che mette in discussione una parte importante della nostra impalcatura legislativa, Coletti scrive: “Nella distruzione della Torre Piloti e la conseguente morte di nove persone sono state riconosciute oltre a quelle della Jolly Nero, anche responsabilità di chi avrebbe imprudentemente costruito l’edificio in quel luogo. A questo punto è possibile che quelli della nave siano se non assolti, meno puniti e persino parzialmente risarciti, visto che l’incidente c’è stato non (solo) perché la Jolly non ha ben funzionato, ma (anche) perché la Torre era collocata dove non doveva essere. La macchina si è schiantata contro un paracarro e la colpa è (anche) del paracarro”.
È evidente a tutti, che il paracarro, la montagna maledetta, l’autostrada maledetta, il ponte maledetto, hanno poco a che fare con le vicende umane che si leggono sui giornali e di cui si è trattato nel processo della Torre dei Piloti e in quello che avverrà per il Ponte Morandi. Se un paracarro è pericoloso, è perchè qualcuno lo ha sistemato in maniera non adeguata. E visto che comunque la Torre dei Piloti non è un paracarro, per entrare nel merito ricordiamo cosa ha deciso la Cassazione con Sentenza 25 giugno 2020 n. 19221.
Non rivestivano una posizione di garanzia i due ingegneri che si erano occupati rispettivamente del progetto e del collaudo della Torre “piloti” crollata nel 2013 sulla banchina del porto di Genova dopo l’impatto della nave “Jolly Nero” a seguito di un’errata manovra. La Corte di cassazione penale con la sentenza n. 19221 ha confermato la decisione del giudice dell’udienza preliminare sul proscioglimento dei due professionisti per non aver commesso il fatto. L’esclusione della loro responsabilità e quindi di una loro posizione di garanzia deriva dall’aver progettato e collaudato la torre crollata secondo le direttive del committente. In particolare, la posizione del manufatto vicino all’area di manovra era scelta già adottata dalla committenza e l’evento eccezionale – come avversità climatiche o esplosioni – di fronte a cui va assicurata la staticità dell’opera non poteva comprendere anche l’imprevedibile manovra vietata effettuata dalla “Jolly Nero”. La sentenza nel rigettare il ricorso della Procura rammenta anche come sull’episodio sia stata dichiarata a responsabilità penale del comandante, di un pilota, di un ufficiale di bordo e del direttore di macchina del natante per il disastro colposo oltre la responsabilità amministrativa della società armatrice. Infine, la Cassazione ritiene assolutamente inapplicabile qualsiasi altra norma tecnica successivamente varata dal ministero dei lavori pubblici, il cui Consiglio superiore diede il proprio benestare sull’opera.
Nel proseguo dell’articolo Coletti, che ci porta a spasso tra le parole, arriva a dire che: “In effetti, anche questo nuovo, importante pronunciamento di un tribunale genovese ripropone il ruolo delle parti civili nei processi penali, specie in quelli per reati non dolosi, ma colposi, non intenzionali. Come si sa, la procura aveva in un primo tempo chiesto di archiviare le denunce contro la Torre della signora Chiello, madre di una delle vittime, che però ha fatto opposizione e ottenuto dal Gip il processo”.
Dimenticando, o non conoscendo, l’articolo 78 del Codice di Procedura Penale che norma la costituzione delle parti civili. “L’atto di costituzione di parte civile è un atto fondamentale perchè consente la persona offesa di acquisire un ruolo nel processo divenendone parte attiva. Per tali motivi la norma si occupa di disciplinare le formalità relative alla costituzione di parte civile”.
E succede che a volte le parti civili non abbiano raggiunto il loro scopo. Ma è anche vero che il nostro sistema legislativo prevede tre gradi di giudizio proprio per garantire il più possibile l’equità nei confronti delle parti in causa.
Ma a Coletti, evidentemente la Adele Chiello Tusa sta antipatica. Perché nel procedere con l’articolo sostiene che: “I parenti delle vittime, più che affiancare, sostituiscono la pubblica accusa nei processi e presso l’opinione pubblica; sono diventati soggetti popolari e persino politici, pregiati dai social. Il caso del processo bis della Torre Piloti è un indubbio successo della parente di una vittima”.
È evidente la disistima del Professor Coletti nel sistema giudiziario italiano. A volte capita di non condividere una sentenza, a noi capita di non condividerne alcune, ma per avanzare ipotesi di pressione nei confronti di una Procura bisogna prima accertarsi di cosa si parla.
La Signora Adele è una donna caparbia assistita da tre avvocati capaci, che seguendo le norme di legge ha fatto i passi che doveva fare.
“Ma è un successo anche della giustizia? Non sarà un caso di giustizia popolare, che, dal processo alla sentenza, va a rimorchio dell’offeso e non filtra più le comprensibili, emozionate esigenze di punizione della vittima con la saggia distanza del diritto?”.
Quindi i condannati in questa vicenda sono vittime dei giudici che si sono piegati alla potenza social della Signora Adele e dei media che hanno spinto per avere una sentenza di condanna. Naturalmente i punti interrogativi si sprecano, come a gettare il sasso e nascondere la mano. Perchè i punti interrogativi servono a poco. Chi fa informazione dà le risposte ai lettori e non fa le domande.
La chiusa dell’articolo è offensiva per molte parti.
“Credevamo che il moderno diritto penale fosse un modo per giudicare eventuali colpevoli in forme rigorose, che passano al vaglio di una serena e distaccata valutazione la bollente aspettativa di giustizia delle parti offese. Ma se il giudizio dei magistrati si appiattisce su quello delle vittime, c’è ancora la giustizia modernamente e laicamente intesa o si torna, sia pure e per fortuna in vesti incruente, alla vecchia legge della vendetta? E inoltre: la bulimia giudiziaria non sarà la forma attuale dell’arcaica, spesso esagitata manifestazione sociale del lutto, con cui i superstiti cercano di dilazionare la perdita rinnovandone a lungo e pubblicamente il lamento?”.
Ornato da salvifici punti interrogativi, che mettono al riparo dalle aule di tribunale, perchè non confermano una tesi ma pongono dubbi, Coletti avanza l’ipotesi che i giudici si siano appiattiti sulla voglia di vendetta della Signora Adele Chiello Tusa. La “potente” signora Adele, avrebbe applicato le sue capacità di gestire i social media , ipnotizzato i giudici e fatto condannare Angrisano. Può essere che Coletti abbia informazioni che noi non abbiamo, ma quando viene letto il dispositivo di una sentenza è sempre bene aspettare le motivazioni per avere un quadro più completo su cui eventualmente confrontarsi.
Avventurarsi nel commento di una sentenza senza conoscere bene la vicenda, che è complicata, e senza aver mai parlato con tutte le parti in causa, è un azzardo. La Signora Adele Chiello Tusa, non ha mai mollato un attimo la presa, è una donna caparbia, non ha mai parlato di vendetta ma di giustizia. E quando si danno giudizi affrettati, su vicende che non si conoscono o si conoscono poco, si rischia che la farina del diavolo si trasformi in “Crusca”.
fp
QUI il testo integrale del comunicato stampa del Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi
La mistificazione della realtà…
Nei mesi precedenti l’inaugurazione del nuovo ponte San Giorgio di Genova tante furono le problematiche in merito all’inaugurazione che da più parti si immaginava come una grande festa con il botto, dimenticando in alcuni casi che il vero schianto era stato il 14 agosto 2018 quando il crollo del Ponte Morandi fece anche crollare i progetti di 43 vite e fece sprofondare noi parenti in un baratro profondo.
Nel dibattito democratico la nostra profonda convinzione fu che un concerto chiassoso non fosse adeguato alla circostanza, emerse un editoriale su Repubblica del signor Vittorio Coletti, che rimase quasi scandalizzato dalle nostre assurde richieste, non comprese che il nostro bersaglio non erano i concerti di musica classica ma proprio il concerto grandioso che qualcuno aveva in realtà già pianificato, profondamente irriverente verso i nostri cari e verso la tragedia.
Tenni nel cassetto quell’articolo per parecchie settimane, ritenni che l’autore avesse in qualche modo cercato di addomesticare la realtà a suo piacimento, ma dopo attenta riflessione per evitare altre polemiche chiusi il discorso, anche perchè tramite molti altri articoli ed interviste fu ampiamente chiarito tutto, ovviamente per chi avesse voluto comprendere.
Ma eccoci qui, questo editorialista spunta nuovamente in questi giorni e questa volta le sue parole sono estremamente gravi.
In data 20 settembre esce un editoriale su Repubblica intitolato “Una giustizia popolare”, le parole che leggiamo in questo pezzo sono a tratti sconvolgenti e su questo dobbiamo esprimerci come Comitato (anche se abbiamo già condiviso la posizione nazionale della rete “Noi non dimentichiamo”) perché il processo a cui si fa riferimento ha molta attinenza con la nostra vicenda ed avviene purtroppo nella medesima città, non da ultimo riguarda altre persone innocenti che hanno perso la vita.
Partiamo da questa ultima considerazione che forse il signor Coletti non ha ben chiara.
Nel crollo della Torre Piloti sono morte 9 persone innocenti, come sono morte 43 persone nel crollo del Ponte Morandi e come ne sono morte altre migliaia in stragi su tutto il territorio nazionale.
Le parole del signor Coletti sono pesanti, dal suo “eloquio” pare emergere che la giustizia sia stata quasi addomesticata dal volere della signora Adele, tenace mamma combattente che da anni sta lottando.
Ma dove ha visto questo film? Forse ha perso di vista anni di processi nei quali gli imputati colpevoli sono sempre usciti a testa alta con lo strazio di chi ha subito dei torti inaccettabili?
Dove sta la giustizia, se, come come pare emergere dallo scritto, gli imputati non sono poi così colpevoli se hanno “solo” permesso che costruzioni fuori norma fossero erette?
Mi rivolgo a Lei direttamente signor Coletti, secondo lei possiamo paragonare un paracarro installato in strada a norma, con una costruzione qualsiasi fuori norma che crolla in testa a delle persone, per colpa di un terremoto o per colpe gravissime nella manutenzione o nei controlli?
Proseguendo signor Coletti lei attacca profondamente il ruolo delle parti civili nel processo penale che a suo dire non dovrebbero infierire, i famigliari che aspettano giustizia dovrebbero essere relegati al ruolo di spettatori silenziosi senza diritto di replica, dovrebbero stare in panchina senza mai poter entrare in gioco.
Certo forse sono molto più performanti ed utili alla difesa degli imputati per il “buon esito” del procedimento i parenti che non avendo forza, o possibilità di andare avanti nell’iter processuale, si fanno da parte e si chiudono nel proprio intimo soffrendo e cercando di dimenticare.
Mi dispiace contraddirla ma queste sue idee non corrispondono all’idea del legislatore che ha voluto assegnare alla parte civile, un ruolo importante di intervento nei procedimenti.
Ancora più grave le sue accuse ai parenti delle vittime che sostituirebbero la “…pubblica accusa e sarebbero diventati soggetti popolari e persino politici pregiati dai social…”
Ma a cosa stava pensando quando ha scritto queste parole?
Nella sua onestà intellettuale pensa che sia di gradimento dei parenti delle vittime con un dolore così forte essere sotto ai riflettori? Pensa che sia soddisfaciente essere intervistati con la morte nel cuore, pensa che sia divertente impiegare giorni della nostra triste vita nelle aule dei tribunali, pensa che sia gradevole alzarsi alle 5 di mattina prima del lavoro per raccontarLe il punto di vista di chi soffre?
Mi dispiace molto leggere che intellettuali blasonati, come mi pare leggere di lei, scrivano dei pezzi con tali mistificazioni celando con l’eloquio la realtà, vestendo le bugie con il dubbio ed utilizzando il populismo bieco dell’intelletto per spargere irriverenza sul dolore.
Noi non ci divertiamo a seguire i processi, noi siamo costretti, non ci divertiamo a lottare, lo facciamo per tutti gli altri, anche per le persone come Lei che speriamo non debbano mai diventare parenti di una vittima, perché sa signor Coletti…in quel caso se ci fosse amore nel suo cuore per la persona deceduta capirebbe immediatamente tutto e nessun farneticante eloquio potrebbe fermarla.
Credo sia anche molto irriverente quanto da Lei scritto nei confronti della Procura che ha portato avanti un procedimento con convinzione perché le argomentazioni a supporto portate dalla parte civile hanno avuto spessore.
Certamente il nostro sistema giudiziario deve essere migliorato per avere una celere giustizia, anche per gli imputati che saranno ritenuti innocenti, non è possibile per loro attendere anni per uscire dal tunnel, e per noi rischiare che colpevoli possano uscire candidi come un neonato, inoltre, come tutti i sistemi formati da persone, anche quello giudiziario può avere dei problemi isolati che vanno gestiti.
Non crediamo che i giudici vadano a rimorchio dei nostri sentimenti ma crediamo facciano un lavoro certosino di ricerca della verità con tanta fatica e con tanto dolore, sicuramente preferirebbero processare solo i furti di mela per esigenze di sopravvivenza, in alternativa a gravi reati commessi nel silenzio totale per molti anni.
Lei usa la mannaia sul nostro dolore, sulla magistratura che lavora con tenacia ed equità, sui fondamenti del nostro stato e spero di avere colto male le sue parole, ma pare quasi “cullare con affetto” coloro che commettono reati colposi.
La sua frase “… da tempo si registra una significativa crescita dell’autorevolezza giudiziaria e pubblica dei parenti delle vittime di qualche reato…che si propongono come giudici…” è molto grave….certo farebbe comodo che tutti noi stessimo in pantofole per permettere agli “altri” di essere gli unici a poter esprimere “commenti” degni di nota, ma non puo’ funzionare così.
Le ricordo che nei nostri cuori non esiste vendetta, proviamo troppo amore per chi non c’è più per poterci avvicinare a questo sentimento, ci sentiamo figli di uno stato democratico che ci consegna degli strumenti di lotta in tribunale che dobbiamo utilizzare, ci sentiamo figli di uno stato pulito ed onesto che vogliamo ancora credere che esista.
Di chi si sente figlio Lei?
Noi non “..manifestiamo il nostro lutto… per cercare di dilazionare la perdita rinnovandone pubblicamente il lamento…” noi ci stiamo comportando da cittadini e stiamo lavorando anche per le persone come Lei.
Forse se facesse riferimento alla sua onestà intellettuale si accorgerebbe di avere sbagliato bersaglio, ma alla grande!
La saluto con affetto.
Egle Possetti
Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.