Besprizornye, i bambini randagi dell’Unione Sovietica

Nel periodo fra il 1917 e il 1935 milioni di bambini della Russia postrivoluzionaria rimasero orfani di guerra. Erano chiamati “besprizornye”.

In una serie sciagurata di coincidenze, alla Rivoluzione e alla Grande Guerra si sommarono le carestie che spinsero queste creature, circa sette milioni nel 1922, a spostarsi nel continente alla ricerca di cibo, vendendo i loro corpi, drogandosi ed essendo protagonisti di una lotta per la sopravvivenza che portò alcuni di loro al cannibalismo.

Dominique Fernandez, in occasione dell’elezione all’Académie française di Andreï Makine, scrittore russo naturalizzato francese, affermò: “Appena nato, lei era già orfano. E a chi si dolesse nell’immaginarla, così piccolo, privato del sostegno dato a tanti altri bambini, lei risponderebbe che in Russia, all’epoca, tra i ventisei milioni di morti per la guerra e le innumerevoli vittime della repressione staliniana e post-staliniana, vi sono stati almeno cinquanta milioni di orfani. Essere orfano era la condizione comune”.

Una commovente poesia di un orfano che sapeva leggere e scrivere nel 1927 recita

In Crimea fioriscono ciliegi e viscioli, c’è il mare calmo e la risacca tiepida.
E io, che qui non servo a nessuno e sono di troppo, non so cosa devo fare, cosa posso fare di me.
E mi struggo volentieri, volentieri per i giorni azzurri;
non ho un tetto la notte e dormo senza cuscini, vago senza scopo, non ho nessuno al mondo.
Alla stazione di Kursk ci sono grandi convogli, e non posso pagare il supplemento per il rapido.
Sono stanco di elemosinare alla barriera, in un androne buio, sulla neve gialla.
La locomotiva già spinge sui binari, é in partenza per il sud, come un anno fa…
Guarda, bresprizornye, calcola bene le misure, infilati sotto il vagone che ancora va piano.
Me ne sarò tutto aggrovigliato nella scatola elettrica, stretto come un gatto, di polvere e fuliggine;
e appena arrivo saranno mie le terre dove c’è il mare calmo e la risacca tiepida…
appena arrivo mi seppellirò nella sabbia rovente e si scioglierà l’angoscia al sole calo…
Il vapore non ci scotterà e non ci soffocherà la morte…

Questo poemetto è un emblema della grande anima russa, della sua capacità di reagire e superare momenti a volte di una durezza improponibile.

Bambini orfani, ragazzi randagi

Dante Corneli, italiano dissidente sovietico ospite per anni dei lager russi, scrisse di “ragazzi randagi, affamati, spesso malati, che si spostavano da una parte all’altra della città e dell’intero paese come branchi di piccoli animali. I più erano bambini, i più grandi avranno avuto non più di sedici anni. Provenivano tutti dalle regioni del Volga, dove nel 1921 una popolazione di quaranta milioni di abitanti era stata colpita da una tremenda siccità.
In molti casi erano stati i loro stessi genitori a spingerli a fuggire dai villaggi dove sarebbero sicuramente morti di fame. A sera si rintanavano nei negozi e negli stabili abbandonati o semidistrutti. Là passavano la notte, ammucchiati gli uni sugli altri per riscaldarsi.”

Vivere nei sotterranei delle stazioni

Ma i luoghi più ambiti in cui rifugiarsi, almeno a Mosca, erano i sotterranei delle stazioni, dove nei corridoi disabitati erano stanze in cui si trovavano i radiatori del riscaldamento a vapore. Al calare della luce, nella città erano tanti i gruppi che scendevano nel ventre della città per appropriarsi di un posto caldo ed a scontrarsi con altri gruppi di giovani con lotte che degeneravano in vere e proprie risse. A nulla poteva giungere l’azione delle milizie, che svolgevano retate notturne nei sotterranei, a causa del numero dei ragazzi che sfuggivano alla cattura.

Diffusissima la prostituzione

Durissima la vita per le creature di sesso femminile, che già a tredici o quattordici anni si accoppiavano con uno o più maschi del gruppo. Molto spesso il gruppo era composto da più maschi e da una sola femmina, che si occupava della casa e faceva da sposa a tutta la banda, mentre i ragazzi di provvedevano al cibo e ogni altra necessità. Quando i ragazzi non riuscivano a rubare qualcosa durante la giornata, la ragazza veniva, come ultima risorsa, mandata al “lavoro di notte”. La conseguenza fu che tutti questi ragazzi contrassero senza eccezione malattie veneree fin dalla più tenera età.

Alcol e cocaina

Al termine della giornata iniziavava il consumo incessante di alcool e sigarette, un consumo ancora più importante e imprescindibile del cibo. Ma ad un certo punto una nuova ondata travolse tutta la società sovietica in crisi e, inevitabilmente questi giovani, perché nelle case di correzione fecero la loro comparsa nuovi tipi di inquilini: i cocainomani. Una marea di cocaina iniziò a giungere in Russia soprattutto dalla Germania, attraverso l’Estonia e la Lettonia, divenendo una droga di largo consumo anche fra i giovanissimi.

La lotta alla criminalità minorile

Finché con un decreto dell’8 aprile 1935 venne avviata la “lotta alla criminalità minorile”.
Non è mai stata provata la concausa, ma vennero eliminati tutti gli scrittori e i giornalisti che avevano denunciato la piaga sociale.

Molti di questi ragazzi vennero utilizzati durante la seconda Guerra Mondiale per rimpolpare le fila dell’esercito. Ne scrisse anche Indro Montanelli e sottolineò la loro impreparazione al conflitto. Giovanissimi, molti di loro vennero lanciati con paracadute in territorio ostile schiantandosi contro gli alberi o venendo falciati dalle mitragliatrici.

Mauro Salucci

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Mauro Salucci è nato a Genova. Laureato in Filosofia, sposato e padre di due figli. Apprezzato  cultore di storia, collabora con diverse riviste e periodici. Inoltre è anche apprezzato conferenziere. Ha partecipato a diverse trasmissioni televisive di carattere storico. Annovera la pubblicazione di  “Taccuino su Genova” (2016) e“Madre di Dio”(2017) . “Forti pulsioni” (2018) dedicato a Niccolò Paganini è del 2018 e l’ultima fatica riguarda i Sestieri di Genova.

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