Un sistema di comunicazione collaudato con cui Orazio Scuto “il vetraio”, detenuto a Caltanissetta, impartiva ordini all’esterno con l’aiuto della figlia
Catania – 37 soggetti sotto indagine e 18 agli arresti, tra carcere e domiciliari. Sono questi i numeri dell’operazione della Guardia di Finanzia di Catania, condotta insieme al Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (SCICO), che ieri mattina all’alba ha mollato un duro colpo ai clan Santapoaola e Laudani.
Le indagini
La complessa attività d’indagine, condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Catania, ha riguardato 37 soggetti ed è stata convenzionalmente denominata “Report”, con riferimento agli ordini che il reggente del “clan Laudani” per il territorio di Acireale, detenuto a Caltanissetta, impartiva ai suoi sodali tramite “pizzini” occultati nelle confezioni di succhi di frutta o barrette di cioccolato che venivano portati all’esterno del carcere dalla figlia, Valentina Scuto.
Così gli uomini del GICO di Catania hanno accertato le modalità operative di alcuni dei gruppi più operativi appartenenti al clan “Laudani”, oltre che tracciato gravi episodi di estorsione nei confronti di imprenditori catanesi portati avanti dal “clan Santapaola” che dagli impresari attivi sul territorio di Catania e provincia pretendeva il pagamento del pizzo per garantire la sicurezza dei cantieri edili.
Le mani dei clan sulle aste pubbliche
Agli indagati sono stati contestati i reati di associazione mafiosa finalizzata all’estorsione, all’usura, al favoreggiamento personale, alla detenzione e al porto di armi da fuoco. Scoperte dai militari delle fiamme gialle anche infiltrazioni mafiose nelle aste pubbliche.
In questo ambito, i soggetti appartenenti o vicini al clan Laudani sono intervenuti in diverse occasioni affinché gli imprenditori dichiarati falliti e nei cui confronti era stata attivata la procedura di esecuzione immobiliare, potessero illecitamente rientrare in possesso del bene messo all’asta.
Per raggiungere lo scopo i componenti del clan Laudani si sono attivati con minacce e intimidazioni per scoraggiare la partecipazione di potenziali offerenti alla procedura esecutiva, garantendo così a chi stava subendo l’esecuzione forzata di ottenere, attraverso intestatari fittizi, la restituzione dei beni.
Uno degli episodi accertati ha riguardato, ad esempio, una procedura di asta immobiliare effettuata presso il Tribunale di Catania. Nell’occasione un imprenditore, proprietario di un appartamento oggetto dell’esecuzione fallimentare, ha richiesto e ottenuto l’intervento del clan per alterare la procedura di vendita del bene. Per l’occasione, il gruppo ha individuato un prestanome compiacente e ha allontanato i potenziali offerenti con le minacce. In altri casi, le indagini hanno rivelato che il clan Laudani costringeva con l’intimidazione gli acquirenti del bene esecutato a rivenderlo a prezzo vile al vecchio proprietario fallito.
Raid armati contro le cosche rivali
Le indagini hanno riscontrato anche un’importante disponibilità di armi che gli affiliati utilizzavano nel compimento di episodi violenti e nelle intimidazioni. Di particolare rilievo, in questo contesto, è risultata la figura del referente del “clan Laudani” per Lineri e Misterbianco, più volte protagonista di spedizioni punitive armate e intimidazioni nei confronti di clan rivali.
Gli “uomini d’onore” colpiti dal blitz
Sono finiti in carcere Carmelo Bonaccorso, 57 anni, Rosario Bonanno, 58 anni, Girolamo Brancato, 47 anni, Giacomo Caggegi, 40 anni, Alberto Gianmarco Angelo Caruso, 40 anni, Mirko Pompeo Casesa, 37 anni, Salvatore Mazzaglia, 63 anni, Litterio Messina, 58 anni, Antonino Puglisi, 55 anni, Orazio Salvatore Scuto, 61 anni.
I domiciliari, invece, sono scattati per Dante Giuseppe Tiezzi, 58 anni, Rosaria Gabriella Sidoti, 48 anni, Vincenzo Massimiliano Pappalardo, 51 anni, Luca Anicito, 46 anni, Alfio Giuffrida, 54 anni, Rosario Mannino, 56 anni, Gianfranco Antonino Pappalardo, 48 anni, e Valentina Concetta Caterina Scuto, 33 anni.
Le intercettazioni
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.