Mentalità punitiva e furbizie da mettere in bilancio

Siamo un popolo con radicata cultura punitiva. Se non fai così, finisci là, se non lo fai come va fatto, finisci nel mezzo tra il là e il lassù. Insomma, anche quando procuriamo qualche chilometro di coda per vedere un incidente sulla corsia opposta, sono certo che a qualcuno scappi di pensare: “ chissà cosa hanno combinato per fare un incidente del genere”. Insomma deve esserci per forza una negligenza, e quindi se c’è negligenza, si profila la situazione ideale per una punizione.
E, impunibili a parte, tutti noi viviamo con i relativi partner e un senso di colpa innato. Un esempio? Ho perso il biglietto di un parcheggio coperto nei pressi di via XII Ottobre a Genova.
Eh, sì, l’ho fatta grossa! Già mi muovo in macchina, intaso il centro, inquino e a prescindere dò fastidio. Ora perdo anche il biglietto più costoso del mondo. Ma una soluzione c’è. Pago la sanzione. Perché per qualsiasi errore c’è la sanzione. Come dicevo, ho “temporaneamente” perso il suddetto biglietto, sono andato alla cassa e un gentilissimo addetto mi ha comunicato che, dopo aver conteggiato il tempo esatto di sosta, avrei dovuto pagare 10 euro di sanzione. In questo meraviglioso mondo digitale, l’ingresso e l’uscita da un parcheggio sono registrati da telecamere e quindi non esiste la possibilità di fare i “portoghesi”. Tanto è vero che alla cassa erano noti sia la targa che l’orario di ingresso. Morale della storia, 6,60 euro di parcheggio (a Montecarlo avrei speso 2 euro), e 10 euro di sanzione. Fortunatamente il biglietto è “ricomparso” e mi è stato restituito l’importo di 10 euro. Ora mi chiedo: se l’ente, l’azienda, il concessionario sono a conoscenza dei dati necessari a farmi pagare l’importo esatto perché applicare una sanzione punitiva? Per fare cassa? Credo proprio che sia così. Queste “sanzioni”, forse illecite, sono un ulteriore introito da mettere in bilancio e soprattutto nell’amministrazione pubblica servono a mantenere un esercito di burocrati.

fp

Fabio Palli

Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.

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