Tramontati gli accordi di Abramo
Spiegare la violenza di questi giorni, sia a Gaza che a Gerusalemme, con un episodio o anche una serie di episodi non basta. Al netto delle contrapposizioni ideologiche, sempre insensate e fatte di slogan vuoti da una parte e dall’altra, bisogna ragionare sulla situazione in Israele con una prospettiva che ci permetta di capire il contesto in cui i fatti si sono sviluppati. Ma per fugare qualsiasi desiderio di edulcorare i contenuti, per quanto ci riguarda siamo irremovibili sul fatto che Israele stia affamando e ammazzando da decenni gli abitanti della Striscia di Gaza, compiendo un genocidio che andrebbe fermato senza indugi dalle nazioni Unite che hanno dispiegato i caschi blu in situazione decisamente meno gravi.
Scelte scellerate
Gli eventi che sono culminati con gli scontri durante il Ramadan, periodo sempre molto delicato, sono in gran parte imputabili alle misure adottate dalla Polizia di Gerusalemme e dal nuovo comandante Yaakov Shabtai, che ha deciso di chiudere la piazza antistante la Porta di Damasco. Decisione è sembrata da subito una provocazione e che ha portato ai primi scontri. Gli sfratti, all’ordine del giorno, a Sheikh Jarrah e le continue provocazioni provenienti dai gruppi di estrema destra guidati da Otzma Yehudit, hanno fatto il resto.
Lo scontro di Sheikh Jarrah
Lo scontro per gli sfratti di Sheikh Jarrah va avanti da 15 anni. I coloni ebrei affermano di essere i proprietari di quelle terre acquistate nel ‘900, poi abbandonate nel 1948 per via della guerra di indipendenza. Ma è una verità che sa di convenienza.
Nel 1956 Gerusalemme era divisa in due parti, a ovest Israele e a est la Giordania. L’Unrwa, Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi, e le autorità giordane assegnarono a una trentina di famiglie palestinesi sfollate, altrettante abitazioni a Sheikh Jarrah. Ma a loro volta i palestinesi erano stati cacciati, nel 1948, da altre zone, come ad esempio Giaffa, e le loro case occupate dagli israeliani nel 1948.
Una decisione tardiva
Nonostante la decisione (tardiva) del Procuratore generale Avichai Mandelblit di sospendere le operazioni di sfratto di alcune famiglie a Sheikh Jarrah, le tensioni si sono spostate fino alla moschea di Al-Aqsa, poi è arrivato l’ultimatum di Hamas che chiedeva il ritiro delle forze israeliane dalla moschea e a quel punto è scoppiato l’ennesimo sanguinoso conflitto. Natanyahu, in crisi politica e giudiziaria non vedeva l’ora congelare la sua posizione di leader, e Hamas di rinforzare la sua leadership nei confronti dei palestinesi. Come sempre, a farne le spese, sarebbero stati i civili di Gaza.
Hamas e il suo involontario favore a Netanyahu
Hamas, per assurdo, lanciando i missili su Israele ha fatto un favore al traballante Netayahu, proprio nel giorno in cui, presumibilmente, Naftali Bennett e Yair Lapid, capi dei partiti Destra e C’è Futuro, sarebbero riusciti a formare un governo con Mansour Abbas, leader del partito Lista Araba Unita. Cosa che “King Bibi” in due anni non è riuscito a fare.
Ma la comunità internazionale che fa?
Sembra che stia maturando un imminente cessate il fuoco, sostenuto da Joe Biden che finalmente ha preso atto che forse è morta una quantità sufficiente di civili.
Il Presidente turco Erdogan ha accusato l’occidente di vendere armi a Israele dimenticando però di citare l’Iran che è uno dei più diretti finanziatori di Hamas. Ma questo è comprensibile visto che Ankara e Teheran si giocano il ruolo di ago della bilancia nella Regione. Turchia e Iran da antagonisti il Libia si sono gradualmente riavvicinati secondo la logica “il nemico del mio nemico è mio amico”. E il nemico comune è Israele.
Nella sua mollaggine, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU continua a fare appelli…
…per arrivare al cessate il fuoco rimanendo in bilico tra il diritto di Israele di difendersi e il diritto all’autodeterminazione dei palestinesi.
La realtà è che l’Europa, con tutti i suoi orpelli burocratici è irrilevante. Diversa, e per certi aspetti più grave, la posizione del dormiente Biden che, banalmente, divide il mondo tra i suoi alleati e tutti gli altri. Condanna Pechino sulle violazioni ai danni della minoranza uigura, ma si oppone alla risoluzione dell’ONU per i bombardamenti sui civili a Gaza.
Tramontati gli Accordi di Abramo
A questo punto, tramontati definitivamente gli “Accordi di Abramo” che non avrebbero risolto la “questione palestinese”, e dopo essere arrivati a un cessate il fuoco, bisogna che la comunità internazionale si ponga il problema di fermare la destra razzista israeliana, e trovi una soluzione per la Striscia . Perché se si vuole disattivare Hamas, è sufficiente dismettere la prigione a cielo aperto che è Gaza. Ma il problema rischia veramente di aggravarsi perchè molti giovani palestinesi a Gerusalemme e in West Bank, non si riconoscono più nelle politiche di Abu Mazen e di Fatah, partito tradizionale concentrato a mantenere la leadership e il suo potere economico in Cisgiordania. E Hamas non vede l’ora di uscire da Gaza per allargare il fronte dei suoi affari.
Ma nonostante il pericolo di una guerra civile in Israele, perché i morti di Gaza sono sufficienti, la realtà che rimane evidente è che per la comunità internazionale i palestinesi sono economicamente irrilevanti e gli israeliani no.
fp
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.