La IC del Liceo della Comunicazione del Duchessa di Galliera alla scoperta dell’hangar delle prove di ponte Morandi
Genova – Ci sono notizie che nessuno di noi vorrebbe mai dare ma che il dovere di cronaca ci impone di schiaffare in prima pagina.
Quando ho visto per la prima volta il Morandi spezzato senza il filtro dello schermo del mio computer, era passato un giorno dalla tragedia. Stava lì, muto. Emblema di questo mondo distorto che baratta la vita per il denaro. Un mondo rotto.
Davanti a quei monconi, ai grumi di ferro e cemento e lamiere e sangue stavo muta anch’io, a chiedermi dove avrei trovato le parole per farla questa maledetta cronaca, per affondare le mani in un dolore che sapevo mi sarebbe rimasto addosso per sempre, come un sottile guanto di lattice.
Ecco, è questo secondo me il tributo che come giornalisti dobbiamo alle grandi catastrofi. Il prezzo da pagare per parlare del dolore altrui senza perdere di vista il rispetto per le vittime.
È questo che vorrei che i miei studenti imparassero. Perchè rispettare le vittime significa arrivare preparati alle interviste, e significa anche fare l’interesse e l’utilità del lettore che da noi non si aspetta l’imparzialità, che quella è un’utopia, ma la correttezza sì.
Dentro l’hangar delle prove
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.