Pavia – Il 6 settembre del 2017 un gigantesco incendio doloso all’interno della discarica “Eredi Bertè” aveva tenuto impegnati per due settimane i Vigili del Fuoco.
Per “smaltire” una montagna di rifiuti, circa 17mila metri cubi, tra cui copertoni ma anche eternit, i titolari dell’azienda, fallita nel 2019, avevano dato fuoco a tutti i rifiuti che non avevano smaltito, scatenando una colonna di fumo visibile a decine di chilometri e che aveva messo in allarme buona parte della Lomellina ma anche le zone del vicino Piemonte.
Diossina nell’aria
I sindaci avevano emesso ordinanze per chiudere le scuole e per impedire di raccogliere frutta e verdura perché dall’incendio si era sprigionata diossina.
A processo finì l’ex titolare delal discarica, Vincenzo Bertè, accusato di aver stoccato più materiale di quello concesso superando di ben 11mila metri cubi il limite autorizzato.
Nel 2019, l’area è stata dissequestra e la rimozione dei rifuti iniziata dalla stessa azienda si è stoppata per il fallimento della “Eredi Bertè”.
I rifiuti bruciati sono ancora sul piazzale e la bonifica, che ha un costo stimato di 1,5 milioni di euro, non è stata completata perché nessun ente pubblico è in grado di anticipare i soldi e Regione Lombardia attende l’esito del processo.
In manette i gestori dell’impianto
Ma qualcosa si sta sbloccando perché nelle prime ore di questa mattina i militari della Guardia di Finanza e dei Carabinieri Forestali di Pavia, hanno arrestato 3 persone ritenute responsabili a vario titolo dei reati di traffico illecito di rifiuti, incendio doloso, utilizzo ed emissione di fatture false, bancarotta fraudolenta, riciclaggio ed autoriciclaggio.
I finanzieri oltre agli arresti, hanno sequestrato più di 1,8 milioni di euro, che comprendono disponibilità finanziarie, fabbricati, terreni ed autoveicoli.
Incendiare i rifiuti per smaltire a costo zero
Le indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano hanno accertato che i gestori non provvedevano al trattamento o recupero dei rifiuti incamerando guadagni illeciti per circa due milioni di euro.
Quando la montagna di rifiuti aveva reso ingestibile l’impianto i due criminali decidevano coscientemente di dar fuoco al piazzale al solo scopo di ripulire, a costo zero, l’intera azienda di smaltimento, noncuranti dell’enorme danno per la salute della collettività.
Oltre allo stoccaggio illecito, che ha comportato la saturazione dell’impianto di Mortara, dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali è emerso che gli arrestati, titolari dell’azienda, avevano intenzione di far sparire illecitamente i rifiuti portandoli all’estero e avevano anche creato numerose società intestate a prestanome per occultare i guadagni illeciti derivati dal traffico illecito di rifiuti.
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