Una sentenza importante quella del Consiglio di Stato, che non permetterà più di far finta di niente e ignorare le conseguenze dei siti inquinanti sulla salute dei cittadini. Ci aspettiamo, a Genova ad esempio, una presa di posizione forte sul caso IPLOM, tuttora relegato alla “sala d’aspetto” della politica.
In questo articolo pubblicato sul suo blog Note di Grondacci, il giurista ambientale Marco Grondacci fa un’attenta analisi della sentenza appena pubblicata e delle sue conseguenze pratiche.
Il Consiglio di Stato con sentenza n. 1820 del 2017 (per il testo vedi QUI) ha confermato, in sede di giudizio di revocazione, una sentenza fondamentale per la prevenzione nella tutela della salute nei procedimenti decisionali a rilevanza ambientale. Si tratta della decisione del Consiglio di Stato n. 163 del 20/1/2015 che ha annullato gli atti di rilascio della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) positiva e della Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) a un inceneritore di biomasse e combustibile derivato dai rifiuti (CDR) sia ordinario che di qualità, in provincia di Grosseto (per il testo vedi QUI).
L’annullamento prodotto dalla sentenza del 2015 è stato fondato su una motivazione fortemente innovativa: le carenze istruttorie che hanno portato alle autorizzazioni sotto il profilo del potenziale impatto sanitario dell’impianto oggetto delle stesse. In altri termini la procedure decisionale non ha valutato le condizioni sanitarie attuali delle popolazione potenzialmente interessata dagli impatti dell’impianto autorizzato e la loro evoluzione nel caso quest’ultimo fosse stato messo in funzione.
Ebbene la nuova sentenza del Consiglio di Stato respingendo il ricorso per revocazione ha mantenuto in piedi una sentenza (quella del 2015) che afferma principi rivoluzionari e che dimostra il valore dello strumento del Parere Sanitario del Sindaco nelle procedura di AIA e della valutazione dell’impatto sulla salute nelle procedure di VIA. Strumenti e parametri di valutazione/decisione quasi sempre ignorati nelle varie procedure di valutazione e istruttorie che ho seguito in questi anni. Per capire meglio cosa si intende per Parere Sanitario del Sindaco e Valutazione di Impatto Sanitario (vedi QUI e QUI).
Ora la giurisprudenza dice che tutto ciò non potrà più essere ignorato: senza adeguata valutazione dello stato di salute dei cittadini e dell’implementazione dell’impatto su di essa prodotto dal progetto da autorizzare non ci può essere autorizzazione legittima!
Ma vediamo cosa dice la sentenza del 2015 ora confermata dalla sentenza 1820 del 9 marzo 2017, per poi spiegare le finalità del ricorso per revocazione ed infine descrivere sinteticamente il testo della nuova sentenza n.1820 del 2017.
COSA AFFERMA LA SENTENZA N. 163 DEL 2015 IMPUGNATA IN SEDE DI REVOCAZIONE
Al di la delle specificità del caso esaminato, la sentenza afferma principi generali in materia di applicazione della prevenzione sanitaria nell’ambito del rilascio dell’AIA.
In particolare la sentenza afferma testualmente i seguenti principi:
1. “ Assume, infatti, valenza assorbente quanto meno la circostanza che lo stato di salute delle popolazioni coinvolte e le condizioni dei corpi idrici presenti nell’area interessata dallo stabilimento in questione non siano state convenientemente disaminate e considerate, con conseguente sussistenza al riguardo dei dedotti vizi di difetto di istruttoria e di motivazione.”
2. nel caso che emergano nella situazione sanitaria esistente sul territorio dati sulla presenza di inquinanti significativi per la popolazione residente: “Questo dato – pur non avendo acquisito un rilievo oggettivo sulla base di disposizioni di legge – ha comunque un rilievo sotto il profilo procedimentale, poiché ragionevolmente evidenzia un consistente livello di esposizione della popolazione coinvolta dall’impianto per cui è causa, livello di esposizione che non è stato, di per sé, valutato e considerato adeguatamente in sede di rilascio dell’A.I.A. “
3. “Va anche accolta la notazione delle appellanti circa l’assenza di un previo e puntuale studio epidemiologico dell’area interessata dalla realizzazione dell’impianto, posto che i dati alquanto risalenti nel tempo elaborati dal proponente non adeguatamente possono raffrontarsi, al fine di pervenire ad un apprezzamento della situazione concretamente in essere, con quelli ricavabili dall’indagine specificamente svolta al riguardo dalla medesima Azienda U.S.L. n. 9, comprendenti il periodo 2000 – 2009: indagine che la stessa U.S.L. definisce peraltro non ottimale e dalla quale si rileva che nel lasso di tempo considerato sussisterebbe un incremento dl 36% dei tumori alla vescica per la popolazione maschile e del 117% per quella femminile, oltreché un sensibile incremento di nascite premature e di ricoveri per linfoma non-Hodgkin.”
4. “Da tutto ciò consegue pertanto che, essendo primarie le esigenze di tutela della salute a’ sensi dell’art. 32 Cost. rispetto alle pur rilevanti esigenze di pubblico interesse soddisfatte dall’impianto in questione, il rilascio dell’A.I.A. – qualora siano risultati allarmanti dati istruttori – debba conseguire soltanto all’esito di un’indagine epidemiologica sulla popolazione dell’area interessatache non può per certo fondarsi sulle opposte tesi delle attuali parti processuali e sugli incompleti dati istruttori ad oggi disponibili – oltre a tutto riferiti a situazioni ormai risalenti nel tempo – ma che deve essere condotta su dati più recenti e ad esclusiva cura degli organismi pubblici a ciò competenti.”
RICORSO PER REVOCAZIONE AL CONSIGLIO DI STATO: IN COSA CONSISTE
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1824 del 5 maggio 2016 ha chiarito che l’errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 c.p.a. e 395 n. 4, c.p.c., deve rispondere a tre requisiti:
a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato;
b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;
c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, 14/5/2015 n. 2431).
d) L’errore deve, inoltre, apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (Cons. Stato, Sez. IV, 13/12/2013, n. 6006).
MOTIVI DEL RICORSO IN REVOCAZIONE E LE RISPOSTE DEL CONSIGLIO DI STATO NELLA SENTENZA N. 1820 DEL 2017
Secondo i ricorrenti le indagini epidemiologiche che secondo la sentenza del Consiglio di Stato del 2015 (sopra descritta) non erano state svolte, in realtà sono state elaborate dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2007 che aveva questo compito che non era della società che aveva presentato la domanda di AIA.
Sul punto la nuova sentenza del Consiglio di Stato chiarisce che la sentenza impugnata non rilevava una lacuna sul soggetto che doveva presentare gli studi epidemiologici ma piuttosto che:
1. i dati della indagine erano troppo lontani nel tempo cioè precedenti al 2007
2. l’indagine svolta era superficiale e non chiariva in modo adeguatamente approfondito lo stato di salute della popolazione
Quindi conclude il Consiglio di Stato nella nuova sentenza, salvando la sentenza del 2015, il ricorso per revocazione va respinto in quanto: “Non è ravvisabile l’errore fattuale teorizzato da parte ricorrente, la cui censura va considerata inammissibile, risolvendosi in una nuova difesa di merito.”
Perché non c’è errore di fatto secondo il Consiglio di Stato nella sentenza del 2015 visti i principi generali che lo possono giustificare portando ad una revoca della sentenza? Perché nel caso in esame non siamo di fronte a documenti non acquisiti nel processo sia sotto il profilo della loro esistenza che del significato letterale che avrebbero portato a due divergenti rappresentazioni quella delle sentenza (impugnata per revocazione) e quella degli atti e documenti presentati nel processo.
Secondo il Consiglio di Stato nella vicenda processuale che ha portato alla sentenza del 2015 ora impugnata c’è stata invece una lacuna istruttoria sotto il profilo della valutazione dell’impatto sanitario potenziale dell’impianto che aveva ottenuto l’AIA annullata. Quindi in sede di giudizio di revocazione se si valutasse la fondatezza di questa ultima tesi espressa dalla sentenza del 2015 ora impugnata si creerebbe un terzo grado del giudizio non previsto dall’ordinamento.
Marco Grondacci
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