Bari – Sono state le amiche di chat a salvare la ragazzina tredicenne che stava scalando i livelli del Blue Whale, il gioco di morte che cattura gli adolescenti on-line e prevede per i giocatori prove sempre più cruente e pericolose.
Secondo le loro testimonianze, rilasciate alla Squadra Mobile di Bari, pare che la protagonista fosse arrivata già al trentesimo livello di gioco, uno stadio pericoloso visto che le regole del Blue Whale ne prevedono cinquanta e si concludono col suicidio. Uno stadio che ha preoccupato le amiche della ragazza e le ha convinte a denunciare il fatto alla polizia.
Sul telefono cellulare dell’adolescente gli investigatori hanno trovato diverse chat attive e sul profilo Instagram foto di treni in transito che riporterebbero alla regola 27 del gioco: alzatevi alle 4.20 del mattino e andate a visitare i binari di una stazione ferroviaria.
Le verifiche tecniche sul cellulare hanno consentito di risalire anche all’elenco dei partecipanti ai gruppi WhatsApp e, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, sono state interessate le Questure di 13 regioni: Marche, Campania, Emilia Romagna, Sardegna, Abruzzo, Lombardia, Calabria, Puglia, Lazio, Toscana, Basilicata, Piemonte e Veneto.
Dalle indagini è emersa la partecipazione al gioco di altre quattro ragazze, d’età compresa tra i 12 e i 15 anni, inserite a un livello avanzato e per le quali l’adolescente barese fungeva da “curatore” e dava loro indicazioni sulle prove da sostenere.
Resta ancora da capire se ci siano degli adulti a gestire questo gioco macabro a un livello più alto o se ci si trovi di fronte a un modello fai da te, dove le regole si scaricano da internet.
Noi vi proponiamo l’intervista a Paolo Cremonesi, Direttore del Pronto Soccorso dell’Ospedale Galliera, che nel luglio dello scorso anno si è trovato davanti al primo caso documentato di Blue Whale in Italia.
Giocare al suicidio: a Genova il primo caso italiano documentato di Blue whale
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.