“Non c’è nessun motivo che giustifichi la demolizione del Morandi, perché il ponte è stabile”
Genova – Non ci sta Enzo Siviero – ingegnere, architetto e professore in pensione di Teoria e Progetto dei Ponti all’Università Iuav di Venezia – a seguire le posizioni ideologiche di chi vuole demolire a tutti i costi i monconi del viadotto sul Polcevera e si scaglia contro il Decreto del Commissario.
“Studi sulla stabilità sono stati fatti da me e da molti miei colleghi, ma non sono mai stati presi in considerazione dal Sindaco e dalla struttura commissariale“, accusa Siviero che spiega come si potrebbe effettuare piuttosto “un irrobustimento del ponte. Un intervento che durerebbe tre mesi: un mese per fare le prove e due per fare l’intervento” (QUI la “Proposta per il veloce ripristino del collegamento sul Polcevera”, firmata Alessandro Stocco).
Nessun dubbio, dunque, sul fatto che demolire sia inutile e deleterio.
Innanzitutto per i tempi: “Demolire e ricostruire, invece, richiederà almeno tre anni. Se va bene”, precisa l’ingegnere dei ponti che poi, con il suo spiccato accento veneto, si lascia andare a una battuta: “La malafede non l’accetto. Qui a forza di inaugurare, si inaugura l’idea di fare un progetto”.
Idea che non sembra tenere in nessun conto i problemi dello smaltimento delle macerie, ad esempio.
Partiamo da qui. Cosa significa demolire?
“Una demolizione come questa ha dei problemi ambientali enormi. Calcolando anche gli edifici interessati, le 120.000 tonnellate di macerie risultanti dalla demolizione del viadotto raggiungono un totale stimato intorno alle 250.000 tonnellate. Se ipotizziamo che il trasporto, in accordo con il codice della strada, venga effettuato con mezzi d’opera a 4 assi, significa 13.900 passaggi di camion nel traffico genovese“.
Per andare dove? Non si sa. Ancora non sono stati individuati i siti di stoccaggio (QUI il nostro servizio).
A questo si aggiunge l’incognita amianto.
L’allarme amianto lo segnalarono i Vigili del Fuoco impegnati tra le macerie che, a metà settembre, ci dichiararono in un’intervista: “Effettivamente l’amianto è stato ritrovato, quindi adesso è una certezza: l’amianto è presente all’interno dei cumuli sottostanti al ponte” (QUI i nostri servizi).
Faccenda smentita in seguito da ARPAL ma che lascia diverse domande aperte vista l’epoca di costruzione, non solo del viadotto, ma anche degli edifici da demolire. E infatti Siviero precisa: “Io credo che amianto nel Morandi non ce ne sia. Se c’è è facilmente individuabile perché potrebbe trattarsi dei tubi passacavi che generalmente stanno nei cordoli o nei marciapiedi. Il problema dell’amianto riguarda le case che stanno sotto, lì c’è di sicuro perché all’epoca si usava per gli scarichi. Parliamo di acquedotto e fognature”.
Parole pesanti ignorate dalla politica nonostante le ripetute segnalazioni. Dichiara Siviero: “Ho provato a parlare con la politica ma non mi hanno ascoltato. Ho chiesto udienza a Toninelli, al Sindaco Bucci, ma sono stato sostanzialmente ignorato. Ho scritto a tutti. Credo di essere considerato un disturbatore della quiete pubblica”.
Eppure i numeri dovrebbero far riflettere: a fronte dei 100 milioni di euro calcolati per il ripristino, nell’ipotesi demolizione/ricostruzione si spenderanno cifre nell’ordine dei 400 milioni per abbattere 960 metri di viadotto sano rimasto in piedi, circa l’80% del ponte, e poi rifarlo. È bene ricordare, infatti, che il 14 agosto sono crollate due campate tampone più la pila 9: un tratto di circa 240 metri su 1.200 metri totali di viadotto.
C’è un altro tassello di questa vicenda che preoccupa: entrambi i progetti di ricostruzione più gettonati, Piano e Calatrava, prevedono due nuove fondazioni nel Polcevera.
“Questa è una cosa inaccettabile perché due fondazioni in più sul Polcevera significano altri problemi, come l’inquinamento delle falde. Perché non usare le fondazioni esistenti? Perché si rincorre la fantasia dell’architetto e non il realismo dell’ingegnere. È un non senso di carattere tecnico e ambientale”, visto che, aggiungiamo noi, in alveo corrono anche i tubi dell’oleodotto Iplom.
A complicare le cose si aggiunge il nodo dolente delle “ragioni emotive” che spingerebbero verso la demolizione.
“Non si ragiona così. Non siamo in una situazione di emergenza e, nonostante la politica abbia ignorato la tematica della manutenzione (è mia opinione che andasse chiuso per sei mesi e sistemato), io dico che il cemento armato è santo e perdona molti errori. Ci devono essere una serie di concause i perché si determini il crollo. Certo che bisogna convincere l’opinione pubblica con dati alla mano, ma noi in Italia siamo i migliori al mondo nel fare le analisi e la riparazione delle strutture”, scommette l’ingegnere dei ponti mentre non possiamo fare a meno di chiedergli se lui ci passerebbe sul Morandi ripristinato:”Alla grande”, risponde, “Io sono pronto a stare lì finché si fanno le prove di carico. Perché non dobbiamo dimenticarlo: una volta fatta l’opera si effettuano le prove di carico!”.
Un discorso a parte lo meritano gli esclusi che, pare, non abbiano ricevuto spiegazioni: “Non esistono analisi comparative dei progetti. Io ho seguito quattro soggetti ma nessuno ha avuto nulla. Di fatto è tutto secretato. Non so se i poteri del Commissario gli consentano di nascondere la spazzatura sotto il tappeto. Mi domando come faccia l’ANAC – l’Autorità Nazionale Anticorruzione – ad accettare una situazione del genere, se non perché c’è un input politico che va bene a tutti”.
Certo è che alcune di queste aziende presenteranno un esposto alla Corte dei Conti: “La politica risponde solamente se è toccata nella tasca e i ricorsi sono l’unica arma rimasta. Che poi si trincerino dietro al fatto che sarà Autostrade a pagare, per come si sono messe le cose e visto che hanno presentato ricorso, credo che non pagheranno proprio niente” , conclude Siviero che poi sui margini di un possibile ripensamento da parte delle istituzioni su un decreto già firmato, ci risponde: “La tempistica non è definita ed è in mano alla Procura. Hanno affidato a un gruppo di imprese la demolizione senza sapere se ci sarebbe stata la disponibilità dell’oggetto da demolire. Ritengo che un contratto stipulato in questi termini, senza tempi certi, sia illegittimo”.
Simona Tarzia
© riproduzione riservata
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.
Bravi, finalmente una voce seria e informata
Interessante: finalmente se ne parla.
https://schumyno.wordpress.com/2018/11/14/ponte-morandi-genova-3-mesi-dopo-le-vittime-aspettano-risposte/
Mi avete modificato il commento!
Come gli altri, guai a parlare dei finti video diffusi?
Buongiorno, la nostra è una testata giornalistica prima di pubblicare link o articoli abbiamo la necessità di verificarne il contenuto. Questo per evitare spiacevoli querele. Se crede eliminiamo anche il commento. Comunque abbiamo valutato il link.
https://schumyno.wordpress.com/2018/11/14/ponte-morandi-genova-3-mesi-dopo-le-vittime-aspettano-risposte/
A pensar male: le macerie servono per il ribaltamento a mare di Sestri visto che la gronda è in forse o comunque in attesa di valutazione costi e benefici?