La speciale schizofrenia degli italiani è quella qualità che ci permette lo sdegno collettivo per l’arrivo nel porto di Genova della “nave delle armi” e, allo stesso tempo, ci fa dimenticare allegramente che nel 2018 l’Italia ha esportato 2,5 miliardi di euro di armi e concesso 5,2 miliardi di euro di autorizzazioni all’export, il cui 70% è finito a Stati extra UE e fuori dal patto Atlantico.
Cosa significa?
Brutalmente che in testa alla classifica dei Paesi destinatari degli armamenti prodotti da noi, ci sono Qatar, Pakistan, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Arabia saudita. Tutto questo anche per gli anni a venire perché le licenze ricevute nel 2018 indicano quelli che saranno gli affari futuri dell’industria militare italiana.
E poco conta che le autorizzazioni siano diminuite del 53% rispetto al 2017.
In questo settore, infatti, il calo è fisiologico e va riferito agli ordinativi pluriennali autorizzati negli anni precedenti, che non sono stati ancora evasi e che terranno occupata la produzione italiana per un bel po’.
E non parliamo solo di sistemi militari complessi come navi e aerei. La produzione annuale di bombe, ad esempio, è mediamente molto inferiore ai valori di licenza.
In sintesi: è diminuito il numero delle autorizzazioni concesse ma non quello delle forniture perché queste ultime si avvalgono anche delle licenze pregresse.
Si potrà anche boicottare l’attracco della “nave delle armi”, ma con i suoi miliardi di export e di licenze l’industria militare italiana resterà viva e vegeta.
Le bombe italiane sullo Yemen
A dicembre 2018, qualche giorno dopo Natale, il Presidente del Consiglio Conte aveva dichiarato in conferenza stampa che “il Governo italiano è contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita per il ruolo che sta svolgendo nella guerra in Yemen“, e nel suo discorso aveva rincarato la dose sottolineando che bisognava solo “formalizzare questa posizione”.
Niente da fare. Nonostante le promesse, il 17 gennaio 2019 la fregata FREMM Margottini salpa dal porto di La Spezia per una missione promozionale nel Golfo e nel Mare Arabico. Questo il programma annunciato sul sito della Difesa: “Nave Margottini farà tappa a Karachi (Pakistan), dove prenderà parte all’esercitazione “Aman 2019” con la marina pakistana insieme ad altri 19 paesi, ad Abu Dhabi dove parteciperà alla “Naval Defence Exhibition” (NAVDEX 2019) nell’ambito dell’“International Maritime Defence Exhibition & Conference” (IDEX 2019), a Kuwait City (Kuwait), a Damman (Arabia Saudita) e a Muscat (Oman)”.
C’era qualcuno a La Spezia a boicottare la partenza?
Ma non perdiamo il filo e restiamo ai numeri.
Nel 2018, le nuove autorizzazioni rilasciate per le esportazioni verso l’Arabia Saudita sono state 11, mentre 816 è il numero delle esportazioni effettuate e che hanno reso all’industria degli armamenti 108.700.337 euro.
L’Arabia Saudita è capofila della coalizione anti-Houti, intervenuta militarmente in Yemen per restaurare il deposto governo di Abd Rabbuh Mansur Hadi, dopo che le forze degli Houti lo avevano costretto alla fuga.
Secondo la Rete Italiana Disarmo, tra le esportazioni italiane verso il paese saudita ci sarebbero oltre 42 milioni di euro attribuibili alla vendita delle bombe aeree classe MK80, prodotte in Sardegna dalla RWM Italia e utilizzate indiscriminatamente contro ospedali e scuolabus.
Della stessa coalizione che bombarda lo Yemen fanno parte anche gli Emirati Arabi Uniti che, sempre nel 2018, hanno ricevuto dal nostro Paese armamenti per 80.450.648 euro e 25 nuove autorizzazioni all’esportazione.
Tutto questo nonostante l’ONU, lo scorso agosto, dopo l’ennesima strage di bambini, avesse accusato Riad e Abu Dhabi di commettere crimini di guerra.
Il made in Italy militare in vendita all’Egitto di Al-Sisi
Tra le aree geopolitiche più bollenti dove esportiamo il made in Italy militare, non manca neppure l’Egitto del generale Al-Sisi.
Per chi lo avesse dimenticato, l’attuale presidente egiziano è salito al potere nel luglio 2013 con un colpo di stato appoggiato dalle forze armate, e la sua presidenza si è guadagnata fin da subito l’attenzione di Amnesty International per aver “segnato un profondo deterioramento della situazione dei diritti umani in Egitto”.
Il caso Regeni vi dice qualcosa?
Ebbene qui, nel 2018, abbiamo esportato 61 sistemi militari del valore complessivo di 31.400.207.
Non solo. Con 6 nuove autorizzazioni concesse all’export, l’Egitto è entrato al terzo posto della top ten dei Paesi extra UE ed extra NATO che acquistano armi dall’Italia.
Le banche armate
Ecco, infine, le banche che fanno da anello fondamentale alla vendita estera dei nostri sistemi d’arma: si parla di 7.410.459.913 euro di operazioni d’appoggio complessive, gestite per la maggior parte da tre gruppi bancari, cioè UniCredit, Deutsch Bank e Intesa San Paolo.
Segnala sempre Rete Italiana Disarmo una rilevante operazione da 25.016.328 euro di Banca Valsabbina, la banca d’appoggio di RWM Italia per le esportazioni in Arabia Saudita, riconducibile alla fornitura delle famigerate bombe aeree classe MK80.Detto questo, ricapitoliamo: si vorrebbe impedire l’attracco nel porto di Genova a una nave saudita presumibilmente carica di armi che in parte ha acquistato anche nel nostro Paese con le autorizzazioni del nostro Governo?
Impresa non facile per i portuali genovesi anche perché i sei ro-ro cargo usati da Riad per l’acquisto e il trasferimento di armi in tutto il mondo, di solito vanno e vengono da Genova senza nessun rumore della politica…
Simona Tarzia
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Documenti scaricabili:
Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento. Volume I
Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento. Volume II
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.