Genova – Lo hanno chiamato “discarica sociale”, “periferia dormitorio”, “ghetto” abitato da elementi pericolosi dai quali tenersi alla larga.
Il suo nome ufficiale è Quartiere Diamante ma quasi nessuno lo chiama così. È Dighe di Begato il soprannome con cui tutti lo conoscono.
Un’ulcera di cemento di edilizia popolare nel verde delle colline della Valpolcevera.
Qui, 400 nuclei familiari aspettano il riscatto.
Si tratta di tutte quelle brave persone costrette a subire negli anni le etichette poco lusinghiere appiccicate al quartiere e che oggi puntano tutto sul progetto che l’amministrazione Bucci-Toti ha battezzato “Restart Begato”.
“Un percorso che porterà all’abbattimento delle Dighe – si legge nel comunicato stampa -. Le demolizioni riguarderanno la Diga rossa e parte della Diga bianca allo scopo di restituire vivibilità e sostenibilità alle aree del quartiere sulle alture tra Riavolo e Bolzaneto. L’obiettivo del progetto è arrivare a una sostituzione edilizia, creando un nuovo agglomerato urbano con caratteristiche tecniche innovative di eco-sostenibilità. Questa non sarà solo una rigenerazione edilizia ma anche sociale, per andare incontro alle richieste della popolazione che vive lì da anni e che vuole andare in quartieri più vivibili“.
Contano su questa alternativa. Hanno bisogno di un’altra possibilità. Ma insieme temono la grande ricollocazione.
Nelle riunioni di condominio, l’ultima ci sarà oggi pomeriggio, questa nuova categoria di sfollati esprime dei dubbi: si parla degli scatoloni per il trasloco, dei costi per l’allaccio delle utenze, delle dimensioni dei nuovi alloggi che potrebbero non contenere tutti mobili, della firma sulla pianta per la scelta dell’alloggio… “È vincolante? E se poi dal vero non mi piace? E se c’è un muro davanti?”.
“Dovrò lasciare qui la mia cucina?”, incalza una signora che è rimasta sola.
I figli si sono sposati, il marito è mancato e ora, con un nucleo familiare che si è ristretto, non ha più diritto a un appartamento grande come prima.
Qualcuno si commuove. Anche i mobili contengono ricordi.
Il Comitato Quartiere Diamante e il Sindacato Unitario Nazionale Inquilini e Assegnatari (SUNIA) cercano di tranquillizzare tutti e chiedono un po’ di pazienza.
“Noi stiamo monitorando il percorso – precisa Franco Corso del Comitato –, e vediamo che anche nel laboratorio di ascolto stanno cercando di accontentare un po’ tutti. La sensazione è che, almeno per il momento, le cose stiano andando bene.
Nel caso ci fossero dei problemi, noi come comitato saremo sempre presenti sul territorio per non lasciare le persone da sole”.
Sembrerebbe filare tutto liscio ma c’è chi rema contro.
Negli ultimi tempi, sono comparsi attaccati ai portoni col nastro adesivo dei cartelli che parlano di “restituzione degli interessi dovuti, maggiorati e rivalutati dell’8% nel 2019, derivanti dal deposito cauzionale versato ai tempi della sottoscrizione contratto”.
Ma di cosa si tratta?
“Ci sono questi personaggi – ci spiega sempre Corso – che diffondono notizie che non sono veritiere sui rimborsi. Addirittura mettono in giro la voce che non sarà demolita la Diga. A loro diciamo che bisogna seguire il percorso istituzionale. Solo così si riuscirà a tutelare le persone”.
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Simona Tarzia e Fabio Palli hanno collaborato alla realizzazione di DigaVox , il docu-film sull’emergenza abitativa alle Dighe di Begato.
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.