Genova – Non solo la presenza dei depositi chimici ma anche la movimentazione delle merci pericolose con le ferrocisterne, iniziata nel 2001 grazie a un accordo tra Attilio Carmagnani “AC” S.p.A. e RFI, preoccupa i cittadini di Multedo.
E questo nonostante le rassicurazioni dell’azienda arrivate con una nota stampa all’indomani del disastro di Viareggio: “I trasporti che avvengono dal costiero di Pegli sono relativi a prodotti di categoria B, ossia aventi un punto di infiammabilità superiore ai 21 gradi centigradi – fa sapere l’azienda -. Non sono pertanto facilmente infiammabili come quelli di categoria A, di cui non sono previsti né lo stoccaggio né la movimentazione. Occorre inoltre tener conto che la velocità di entrata e uscita delle ferrocisterne è compresa fra i 5 e i 10 chilometri ora, ben diversa da quella di un treno viaggiante”.
Ma cosa trasportano le ferrocisterne?
Non GPL come i 14 carri cisterna di Viareggio ma ortoxilene, chiarisce ancora l’azienda, ossia un idrocarburo aromatico che ha il suo punto di fiamma a 32 °C.
Non sarà pericoloso come il GPL, ma si tratta comunque di un liquido infiammabile che sosta in mezzo alle case di Multedo, sul binario “morto” della stazione di Pegli, anche per tutta la notte.
E quella degli orari è un’altra questione irrisolta: “Durante la presentazione delle bozze dei Piani di Emergenza Esterna (PEE), martedì scorso alla sala Conte, il tecnico di RFI che era presente ha ribadito che le movimentazioni devono avvenire due volte alla settimana e in tarda serata – dichiara il Comitato Quartiere Multedo –, invece i treni sostano anche al mattino e noi ci sentiamo sempre più presi in giro”.
A questo si somma che, sempre durante la presentazione delle bozze dei PEE, il Comitato ha segnalato espressamente le paure dei cittadini ma il Prefetto Vicario di Genova – è alla Prefettura che spetta la competenza esclusiva nella pianificazione dell’emergenza esterna per il rischio industriale e nelle emergenze di difesa civile – ha risposto che la questione del trasporto ferroviario non c’entrava con l’ordine del giorno.
Lo vedremo.
Cominciamo ad analizzare quali sono le leggi da rispettare.
In Italia, le ferrocisterne che trasportano merci pericolose viaggiano tra i centri abitati senza che ci sia l’obbligo di effettuare una valutazione del rischio per la popolazione perché alla rete ferroviaria non si applica la normativa Seveso prevista per gli stabilimenti a Rischio Incidente Rilevante (RIR). Le prescrizioni riguardano solo i carri cisterna, l’analisi del rischio è limitata alle operazioni di carico e scarico, e non sono previsti i piani di emergenza esterna (PEE).
Eppure il modo per valutare i rischi per la popolazione esiste.
Ce lo spiega Marco Grondacci, giurista dell’ambiente, che chiarisce: “Il Dlgs 105/2015, cioè la Direttiva Seveso III, ha introdotto una novità importante che riguarda i criteri di valutazione del Rapporto di Sicurezza ai sensi del nuovo allegato C.
Si stabilisce, infatti, che debba essere inserita nel Rapporto la corografia della zona in scala 1:10.000, o comunque non inferiore a 1:25.000, dove sia evidenziato il perimetro dello stabilimento.
Tale mappa deve comprendere un’area significativa di almeno 2 km intorno allo stabilimento, in relazione alle tipologie incidentali individuate nell’ambito dell’analisi di sicurezza attorno all’installazione. Sulla mappa stessa è indicata la destinazione d’uso degli edifici principali e, per quanto riguarda le industrie presenti, siano esse assoggettate o meno agli obblighi della Seveso III, è precisato, se noto, il tipo di attività industriale. È, inoltre, indicata la presenza di linee ferroviarie, strade, autostrade, porti, aeroporti e corridoi aerei di atterraggio e decollo; sono evidenziate tutte le strutture e gli elementi territoriali e ambientali particolarmente vulnerabili e/o sensibili, quali ad esempio: ospedali, scuole, uffici pubblici, fiumi, laghi, habitat terrestri e acquatici, zone di particolare interesse naturale, ecc., in modo coerente con quanto richiesto dal decreto che definisce le linee guida in materia di controllo di urbanizzazione”.
Bene, ma cosa c’entra direte voi? C’entra perché il PEE è fatto basandosi proprio sul Rapporto di Sicurezza.
C’è da chiedersi, allora, se chi si dovrebbe occupare della nostra sicurezza ha davvero una conoscenza adeguata della legislazione o invece non vada oltre quelli che sono i semplici adempimenti burocratici.
Simona Tarzia
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.