Genova – Era il 16 agosto 2018, e il Premier Conte terminato il Consiglio dei Ministri straordinario comunicava “avvieremo la procedura di revoca delle concessioni”.
Sotto il peso del viadotto Morandi erano appena morte 43 persone.
In questi due anni i genovesi hanno assistito alla ricostruzione, rapida, del nuovo viadotto, ma anche al restauro della vecchia elicoidale.
Autostrade si prepara all’incidente probatorio che avverrà tra qualche giorno e nel mentre fa in fretta e furia la manutenzione che non ha fatto negli anni.
A pagare sono i cittadini genovesi imprigionati nel traffico e le aziende che vedono calare pericolosamente i loro fatturati. Il Porto è strangolato da una rete ferrovia ottocentesca e una rete autostradale che è un colabrodo.
E tutto questo perché chi doveva fare i lavori di manutenzione non li ha fatti e chi doveva controllare chissà a cosa stava pensando.
E le concessioni delle nostre autostrade? Alla fine, dopo tante minacce al vento, resteranno a chi le ha, compresi quei mille metri belli nuovi che nessuno avrebbe voluto “pagare” con 43 morti.
Siamo un popolo che non prova vergogna, abbiamo una classe politica che pensa solo a vivacchiare nei propri privilegi.
A questo punto sarebbe stato meglio dare retta all’ex AD di Aspi Castellucci che a fronte delle necessarie autorizzazioni, propose di ricostruire il viadotto in pochi mesi e totalmente a carico di Autostrade.
Almeno non avremmo perso tempo in discussioni, progetti, conferenze stampa, incontri, disegni, retorica, rendering. Avremmo evitato fiumi di parole, spostamenti di transenne, inaugurazioni ogni tre giorni.
Perché per alcune parti della città il tempo rappresentava la differenza tra vivere e morire.
Invece è partita la manfrina, il solito teatrino dell’orrido, dove la politica fa finta di alzare la voce e poi si piega alla legge di chi ha più soldi in tasca.
Perché noi italiani siamo quelli delle questioni di principio, i duri e puri, quelli tutti di un pezzo, attori scadenti di un messinscena di provincia che vede vincere sempre il più forte.
E speriamo che gli ingegneri di Aspi, quando prenderanno in carico i mille metri nuovi di zecca del nuovo viadotto costruito sulle macerie del Morandi, non trovino difetti, perché altrimenti questa città già fragile, al netto della retorica, rimarrà in ginocchio.
Il resto è solo una roulette russa.
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.