Sbalordito il presidente della ONG ecuadoriana che fa notare come normalmente vengano richiesti 10 anni di residenza continuativa in Italia
Savona – “Il caso Suárez è un brutto messaggio per quei ragazzi che al compiere dei 18 anni, dopo aver completato tutti gli studi in Italia, diventano oggi sostanzialmente clandestini per via dell’attuale legge sulla cittadinanza.
Forse dovremmo dirgli che più che studiare avrebbero dovuto imparare a giocare a pallone?”.
È forte la reazione di Antonio Garcia, il presidente dell’ONG savonese USEI – Unione di solidarietà degli ecuadoriani in Italia -, che all’agenzia Dire ha dichiarato: “Acquisire la cittadinanza è una questione di responsabilità profonda verso il Paese che la concede. In questo senso, è sacra. Non si può vendere, barattare o regalare”.
Il caso Suárez
Secondo numerose indiscrezioni, il campione è ormai in procinto di trasferirsi dal Barcellona alla Juventus.
A Torino serve però che Luis Alberto Suárez Diaz diventi cittadino comunitario, visto che al momento il numero di giocatori extra-Ue tesserabili è esaurito. Il calciatore ha ottenuto ieri, all’Università per gli Stranieri di Perugia, il certificato di italiano livello B1 richiesto e ora, in virtù della doppia cittadinanza della moglie, potrebbe riuscire a diventare italiano entro il 5 ottobre.
Le difficoltà dei comuni mortali
Un percorso privilegiato che fa arrabbiare Garcia. Per chiunque altro nelle sue stesse condizioni, infatti, i tempi dettati dai decreti Salvini sarebbero di quattro anni.
“Siamo sbigottiti” dice Garcia. “Sembra che la cittadinanza la si conceda solo per determinati tipi di cose, ma per noi è una questione di valori e soprattutto di rispetto della Costituzione. La prima cosa che mi verrà chiesta da cittadino italiano è di rispettarla”.
Ci sono poi altre problematiche che si presentano spesso nella comunità ecuadoriana, dove si registra un’alta percentuale di lavoratori impiegati nell’assistenza domestica. Spiega Garcia: “Una persona può avere per anni la residenza in una casa dove lavora e poi perdere l’impiego per qualche ragione. A quel punto il conto per la cittadinanza si azzera e si riparte”.
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