Un maxi processo che ha portato a condanne per circa sei secoli di carcere e al sequestro di beni per circa 4 milioni di euro
Messina – Si è concluso con la condanna complessivamente a 6 secoli di carcere il processo alla mafia dei Nebrodi celebrato davanti al tribunale di Patti. Pene durissime, dopo sette giorni di camera di consiglio, per un dibattimento con 101 imputati, celebrato in tempi record e che ha visto impegnati 4 pm della Dda di Messina: l’aggiunto Vito Di Giorgio, i magistrati Fabrizio Monaco, Antonio Carchietti e Alessandro Lo Gerfo. Il processo nasce dall’operazione denominata “Nebrodi” che, oltre a ricostruire l’organigramma dei clan messinesi, ha scoperto una truffa milionaria, commessa dalle cosche, ai danni dell’Ue.
Quasi un’ora per leggere la sentenza
Il maxiprocesso Nebrodi è il risultato della imponente operazione condotta contro il clan dei pascoli dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, scattata il 15 gennaio 2020 con 94 arresti (48 in carcere e 46 ai domiciliari) e il sequestro di 151 imprese, conti correnti e rapporti finanziari. Al centro gli assetti dei clan tortoriciani, ma anche il business dei contributi comunitari in agricoltura concessi dall’Agea, l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura. L’accusa aveva formulato per i 101 imputati richieste per complessivi 1.045 anni di carcere e 30 milioni di euro di confische. Intorno al mezzanotte i giudici, dopo una lunga camera di consiglio iniziata lunedi’ 24, hanno terminato di leggere la poderosa sentenza: circa un’ora per elencare le 91 condanne per oltre 600 anni di carcere e le 10 assoluzioni.
I reati e le complicità
Le accuse per gli imputati erano di truffa all’UE, estorsione, falso, intestazione fittizia. L’indagine contro le famiglie mafiose dei Nebrodi dei Batanesi e dei Bontempo Scavo è stata condotta dalla DDA di Messina ha anche messo in chiaro che “la mafia dei pascoli” non è fatta da agricoltori zoticoni ma da un’organizzazione imprenditoriale che ha saputo adattarsi perfettamente ai tempi, affiancando ai metodi tradizionali della minaccia e della violenza, operazioni immobiliari di accaparramento dei terreni per poter accedere ai contributi comunitari. Questo è stato possibile grazie alla complicità e connivenza con professionisti insospettabili.
Giuseppe Antoci: “È un momento importante”
Dopo aver ascoltato la lettura della sentenza da parte del Presidente del collegio, Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi che aveva denunciato gli interessi dei clan messinesi sui fondi europei, ha dichiarato:”È un momento importante, abbiamo fatto quello che andava fatto, abbiamo superato il silenzio e abbiamo fatto capire che i fondi europei dovevano andare solo alle persone per bene e non ai capimafia».
Il denaro veniva fatto transitare su conti esteri per poi farlo rientrare in Italia ripulito tramite complesse operazioni finanziarie. Con l’aiuto di professionisti, tra cui un notaio e i funzionari dei Centri Commerciali Agricoli, i clan dei Batanesi e dei Bontempo Scavo, sono riusciti a incassare una montagna di denaro ai danni delle casse dell’Agea, e degli imprenditori agricoli onesti che non hanno visto il becco di un quattrino.
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