Che i social network siano diventati una “discarica” sociale che attrae personaggi variamente disagiati che scrivono quello che vogliono e pensano di essere al di sopra della legge, è ormai un dato assodato. Ecco cosa succede se le offese sono rivolte al Presidente della Repubblica.
Palermo – La Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di 14 persone accusate di avere insultato sui social il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L’udienza preliminare si svolgerà il 30 gennaio davanti al gup Walter Turturici. La vicenda nasce da una serie di post ingiuriosi pubblicati sulla pagina dell’associazione “Fiori d’arancio” che aveva manifestato solidarietà al Presidente della Repubblica, vittima di violenti di attacchi per aver incaricato Carlo Cottarelli di formare il Governo. Decine i commenti volgari e offensivi che diedero input all’indagine. Gli inquirenti sono riusciti a risalire ai titolari degli account da cui partirono gli insulti. Sono 14 persone di diverse provenienze: da Palermo, a Messina, Torino, Misterbianco, Florida e Chiaramonte Gulfi.
Occhio alla diffamazione
Ma quello che a molti non è ancora chiaro è che non si può proprio scrivere qualsiasi cosa passi per la testa, soprattutto se si tratta di insulti, frasi ingiuriose o notizie false.
Il rischio di pensare ai social come una “zona franca” in cui esternare liberamente il proprio pensiero può costare caro.
Le sentenze della Cassazione mettono un po’ di ordine
Lo dice la cassazione con una sentenza del 2017 (Cass. sent. n. 50/2017 e sent. 8482/2017). Sintetizzando, scrivere su Facebook un’offesa a qualcuno può costare la reclusione da sei mesi a tre anni o una multa non inferiore a 516 euro.
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