Nei caruggi il solito degrado e gli abitanti sono esasperati
Genova – Parlare di malamovida è come andare a sbattere con un muro di gomma. I problemi rimbalzano e sono sempre gli stessi, anzi, peggiorano con l’andare del tempo. Partiamo dal presupposto che una soluzione definitiva non esiste, la Città vecchia ha i suoi pregi, che sono molti, e i suoi difetti, che negli ultimi anni sono rappresentati da ubriachi, urlatori seriali e spacciatori.
E in questo video che ci ha inviato l’Associazione vivere il Centro Storico di Genova” gli ingredienti ci sono proprio tutti. Alla base, a parere nostro c’è un forte disagio sociale che andrebbe studiato e, dove possibile, risolto. E poi ci sono i venditori di chupiti, negoziati malandati che “spacciano” alcolici a pochi spiccioli. Questo attrae un pubblico non proprio ideale, che si ubriaca come se non ci fosse un domani, e poi scatena i suoi istinti più beceri. Forse con controlli a tappeto sulle licenze e soprattutto sulla provenienza degli alcolici da 1 euro a bicchierino, si potrebbe arginare, magari in parte il problema.
Nella nota che ci ha inviato l’associazione si legge che “non si danno risposte all’emergenza denunciata dai cittadini e il Comune resta arroccato a voler mantenere l’orario di chiusura dei locali alle tre di notte, con la conseguente permanenza e il girovagare di persone alterate dall’alcol che urlano fino alle tre e mezza-quattro del mattino, cui fa seguito il passaggio estremamente rumoroso dell’Amiu per ripulire dalla sporcizia generata dalla Malamovida.
Ma non basta: come denunciano i video girati in questi ultimi giorni, all’uscita dei locali seguono situazioni di violenza e aggressività dilagante che sempre più coinvolge gli abitanti esasperati (quelli che pervicacemente ancora resistono e non vogliono abbandonare il Centro Storico, come già molti sono stati indotti a fare, data l’insostenibilità della situazione).
Abitanti che già nel corso della notte devono subire per tutto l’orario di apertura dei locali un livello del rumore intollerabile – totalmente fuori legge – provocato dai frequentatori della “Movida” che si spostano da un locale all’altro urlando e schiamazzando e dagli assembramenti di centinaia di persone, per di più assistendo alle frequenti risse che si scatenano in mezzo alla folla.
Gli assembramenti di centinaia di persone continuano a ripetersi come sempre immutati, nei soliti luoghi, piazza San Bernardo, Piazza Embriaci, via San Donato, e vanno ad intasare anche i vicoli più stretti via San Bernardo fino alle Grazie, vico Vegetti, Salita Mascherona, Salita Pollaioli, generando ovunque anche seri problemi di sicurezza”.
La nota si conclude ricordando la diffida inviata dall’associazione al Comune: ” Dopo anni di confronto, di incontri con gli Amministratori, di proposte concrete da parte dei residenti, di promesse del Sindaco ogni volta disattese, a seguito delle mancate o comunque inadeguate risposte dell’Amministrazione, nel maggio scorso l’Associazione, “Vivere il Centro Storico”, patrocinata dagli Avvocati Silvia Sommazzi e Emanuele Bertolin, aveva presentato diffida al Sindaco del Comune di Genova e agli Uffici competenti, coinvolgendo anche Regione Liguria e Comitato provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica ad adottare i provvedimenti necessari a tutelare in modo efficace e stabile il bene primario della salute pubblica, effettuare una riorganizzazione degli orari di apertura dei locali di vendita alcolici al fine di promuovere abitudini di vita tese a una più sana e virtuosa convivenza civile, disponendo comunque come misura immediata, per rispondere all’emergenza in atto, la chiusura alle ore 24 e in ogni caso, avviare la procedura di legge per dotare il Comune di Genova di uno specifico regolamento di disciplina del fenomeno della Movida”
Poiché il Comune e gli altri Enti non hanno dato risposta alla diffida nei tempi previsti dalla Legge, nonostante il sollecito inviato loro a fine Luglio, l’Associazione ha dovuto conseguentemente procedere a presentare ricorso al T.A.R. contestando l’illegittimità del silenzio e per la condanna del Comune stesso e degli altri Enti a porre in atto i provvedimenti richiesti nella diffida”.
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