Genova – È una marea colorata quella che parte da San Benedetto e invade la città:
15.000 persone che cantano e ballano sventolando la stessa bandiera di civiltà, quell’arcobaleno che negli anni anni è diventato il simbolo di una nuova Resistenza.
Pacifico, rumoroso e impossibile da ignorare, il corteo del Pride riunisce gay, lesbiche, transgender, queer, etero, in una battaglia di civiltà che oggi si gioca tutta sull’approvazione della legge contro l’omofobia, sul riconoscimento del matrimonio egualitario e sulla salvaguardia dei diritti delle famiglie arcobaleno.
Diritti che il Sindaco Bucci sembra ignorare, dicono dal Coordinamento Liguria Rainbow, perché respinge la decisione del Tribunale Civile genovese che impone all’anagrafe comunale di registrare entrambi i genitori dello stesso sesso, e fa ricorso contro la sentenza di primo grado costringendo le famiglie a una costosa battaglia legale.
“A Genova ci sono 25 bambini delle famiglie arcobaleno, piaccia o non piaccia al Sindaco – precisa Ilaria Gibelli del Coordinamento -. È passato davanti al trenino con un pelo sullo stomaco alto così, fregandosene dei nostri bambini. Non li ha neanche guardati in faccia”.
Poi aggiunge con tono battagliero: “Il Sindaco continua a nascondersi dietro al fatto che la legge non prevede questa cosa, ma io ricordo che abbiamo tutte le sentenze del Tribunale di Genova che dicono di riconoscere la doppia maternità e una sentenza fa legge tra le parti. La scelta del Sindaco è una scelta ideologica, si maschera dietro formalismi e la sostanza è che rovina la vita dei nostri figli non tutelandoli”.
Quindi conclude con una punta di polemica: “Se si dice Sindaco di tutti, da domani cominci a fare politiche per tutti“.
E non è l’unico rimprovero che viene mosso al Primo Cittadino, arrivato a salutare la partenza del Pride in veste di Sindaco, dice lui, ma senza la fascia tricolore.
“Perché è venuto qui?”, si domandano gli organizzatori, “è un anno che lavoriamo a questo evento e ai suoi contenuti, e la sua incursione di oggi è solo un modo per togliere visibilità a noi”.
L’accoglienza è fredda, soprattutto dopo la mossa del Comune di inviare una lettera di diffida ai Municipi che hanno concesso il patrocinio a un evento del Pride: “Cosa ci fa qui oggi, lui che fino a ieri ha osteggiato le nostre politiche, negato patrocini, e ci porta in causa? La sua presenza è del tutto incoerente”.
Sul veto ai patrocini il Sindaco tenta di scagionarsi ricordando che il Comune spende comunque 50.000 euro per la chiusura delle strade e per deviare le linee AMT, ma anche su questo il Coordinamento ha da obiettare e replica: “Il nostro è un corteo politico e, come accade anche per le altre manifestazioni, è giusto che le spese vengano sostenute dal Comune”.
Nel frattempo, tra un’intervista e l’altra, i carri sono arrivati tutti.
Ce n’è uno, in particolare, che attira la nostra attenzione.
Un grande TIR rosso che sul davanti porta la scritta: “Ciao Fra”. Si tratta di Francisco Rocas, un attivista Lgbt ecuadoriano che è stato il primo a portare la sua comunità al Liguria Pride. A lui è dedicata l’edizione 2019.
Simona Tarzia
Potrebbe interessarti anche:
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.