Secondo il dossier degli ambientalisti, il conflitto con il cono aereo dell’aeroporto renderebbe inagibile alle mega navi metà del bacino di Sampierdarena. Allo studio dell’architetto Giovanni Spalla una pista semicircolare per il Colombo
Genova – Un progetto che con il suo miliardo e 300 milioni offusca nei costi persino il nuovo viadotto Polcevera. È la nuova diga foranea del porto di Genova, una grande opera che ancora deve nascere ma che già agita le polemiche sotto alla Lanterna.
Un progetto, in parte finanziato dal Governo con i 500 milioni del Recovery Fund già chiesti a Bruxelles, che interesserà quasi esclusivamente due terminal: quello di calata Bettolo, della Compagnia MSC, e quello di calata Inglese, del Gruppo Spinelli.
Soldi pubblici per due terminalisti.
La denuncia arriva dal dossier di Giovanni Spalla e Andrea Agostini, pubblicato tra i Quaderni degli Attori sul sito del Dibattito Pubblico.
Una la domanda fondamentale che muove i due ambientalisti: dove sta l’interesse pubblico nella costruzione di un’opera che favorirà pochi, visto che non solo le navi ma anche le gru per la movimentazione dei contenitori hanno un’altezza che interferisce con il cono aereo dell’aeroporto Cristoforo Colombo e quindi taglia fuori dai giochi metà del bacino di Sampierdarena, da calata Massaua a ponte Ronco?
Bella domanda. Ancora meglio la risposta.
Nel Dossier Diga, il documento studiato dal raggruppamento di imprese che si è aggiudicato il bando Invitalia e ne ha studiato la fattibilità, si legge che “dovranno essere stabiliti e approvati nuovi vincoli aeroportuali da parte delle Autorità competenti”. Vale a dire che invece di valutare alternative infrastrutturali più efficienti si seguirà la via più breve del “modello Genova”: adattare la legge al progetto.
E Spalla non ci sta: “Andiamo a spendere un miliardo o un miliardo e quattro per fare un intervento a metà in attesa che in futuro la politica cambi le norme. L’urbanistica non è più urbanistica ma è diventata contrattazione delle vacche“, dichiara spiegando poi a Fivedabliu che lui una soluzione l’avrebbe trovata.
Si tratta di un’avveniristica pista semicircolare, la Endless Runway studiata nell’ambito del Settimo programma quadro dell’UE per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, che l’architetto ha applicato all’aeroporto genovese risolvendo problema del cono aereo.
“Pensate a una pista che non è più dritta ma semicircolare, curvata in modo che il raggio arrivi a 2,5 chilometri. In questo modo il cono si sposta: atterraggio e decollo avvengono dal mare e verso il mare”, dice Spalla aggiungendo che questa soluzione prevederebbe di utilizzare la vecchia diga foranea davanti al Colombo e non inciderebbe sui costi già preventivati.
Chissà se gli attori pubblici faranno ancora orecchie da mercante come è successo nel 2011, quando Autorità Portuale commissionò a un team dell’Università di Genova uno studio sulla nuova diga che è rimasto chiuso in un cassetto per un decennio.
Ce lo racconta sempre Spalla che a quel progetto ha partecipato: “La nostra ricerca prevedeva una diga-piattaforma su cui inserire tutta una serie di insediamenti che avevamo individuato come incompatibili col tessuto urbano. E parlo di Carmagnani, porto petroli, oli minerali, riparazioni navali. Tutti stabilimenti individuati dal’ISPRA come a rischio di incidente rilevante e che qui potrebbero trovare la loro ricollocazione, restituendo alla città gli spazi sul mare”.
E invece niente. Lettera morta. Dieci anni di oblio.
Ma non finisce qui. C’è un’altra piccola “svista” nel dossier Diga. Questa volta a chiarirci le idee è Agostini che ci parla di quella parolina magica che spunta con ogni grande opera, i flussi: “Quando questa diga sarà pronta, e parliamo di dieci anni se partirà, il flusso delle merci da e per il Far East prenderà la via del Polo Nord che si sta aprendo con lo scioglimento dei ghiacci e per cui la Cina sta già lavorando alla costruzione di nuove navi. Una via che permetterà di raggiungere l’Europa risparmiando 15 giorni. Per non parlare dell’implemento della ferrovia che rilancia la via della seta e ha in Germania il suo hub europeo”.
E i 2,5 milioni di TEU che il raggruppamento di imprese che cura il progetto diga ha previsto arriveranno a Genova entro il 2035?
“E chi lo sa. La nuova via della seta non viene presa neanche in considerazione”, si arrabbia Agostini che poi tiene a precisare: “Noi riteniamo che ci siano dei difetti tecnici che inficiano tutto. Ora aspettiamo il progetto definitivo per decidere se ricorrere al TAR”.
Certo quella del tribunale sarebbe la morte cerebrale del dialogo costruttivo, l’ennesima sconfitta in una città “dove chi comanda non sono le amministrazione pubbliche, sono altri”, conclude Spalla.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.