In un’intervista al Corsera l’ex Ad di Aspi e Atlantia gioca a scaricabarile e parla di “un difetto occulto o addirittura occultato: nel 1993 sul pilone 9 nessuna prova di carico”
A fare le ispezioni “ci mandavano i ciechi”.
Spea “era una comica” dove “noi abbiamo sempre lavorato come c’han sempre detto… ovvero alla cazzo perchè se vai a vedere un ponte di giorno… eh ci siamo mai andati di giorno? No… perchè non han chiuso prima? Per il traffico… eh be’, chiudi tre ore e ci vai. Cioè, vai a vedere un ponte di notte? Chiudi e lo vai a vedere di giorno e non di notte con le lampade”.
Sono solamente alcuni dei particolari inquietanti che vengono a galla con le intercettazioni registrate dagli inquirenti. 480 conversazioni ammesse agli atti che raccontano l’immensa sfilza di trascuratezze, errori e cantonate culminate nel crollo di ponte Morandi. Eppure l’ex Ad di Aspi e Spea, Giovanni Castellucci, appena rinviato a giudizio per il crollo del 14 agosto 2018, in un’intervista al Corriere della Sera ha il coraggio di definire Autostrade “un modello di sicurezza”.
Non solo. Passando sopra il fatto che il 98% delle spese per gli interventi straordinari è arrivato dalla gestione pubblica e solo il 2% da quella privata, nega persino i tagli agli investimenti. “Non è vero” dice, e poi cita non ben definiti “numeri pubblici” che “lo dimostrano” prodigandosi in un lungo elenco in cui confonde gli incidenti stradali con la sicurezza delle infrastrutture. E infatti parla di “tutor, asfalto drenante, cantieri notturni e tanto altro che ha ridotto i numeri dei morti sulla strada, circa 300 vittime all’anno”.
Ma che c’entra questo con le manutenzioni sul Morandi? Perchè non chiarisce come mai lo Stato ha speso 1,3 milioni l’anno in manutenzione straordinaria del viadotto Polcevera e dopo la privatizzazione del 1999 la cifra è calata a 24.000 euro l’anno?
Niente. Di numeri non parla. Però tira fuori dal cappello il “difetto di costruzione occulto”.
Si tratterebbe cioè di una grande cospirazione per cui lo Stato sapeva di questa anomalia già dal 1993 ma ha taciuto: “Viene da chiedersi se non sia stato addirittura occultato”, dice Castellucci che poi rincara la dose e sottolinea che “fu l’unico pilone a non essere mai sottoposto alla prova di carico obbligatoria per legge. Tecnici qualificati nel 1993, e cioè in occasione della precedente ristrutturazione, decisero per il pilone 9 solo l’impermeabilizzazione, con una prognosi di rivalutazione al 2030”.
Colpa dello Stato dunque. Peccato però che dal 1993 al 2018 siano passati 25 anni e forse qualcosina si poteva fare.
E soprattutto avrebbe potuto farla lui, il megadirettore galattico che oggi vorrebbe sfilarsi da ogni responsabilità dicendo che “i rapporti con Edizione Holding, Benetton, l’Ad Mion, il Dg Bertazzo e il CdA erano continui. Mi stupisce il tentativo di tutti coloro che avevano un ruolo di trasformare la condivisione totale in ignoranza di tutto”.
E lo ribadisce dicendo anche che agli atti “ci sono i miei continui inviti ad affrontare il tema delle manutenzioni in maniera organica e risolutiva”.
Inviti a chi?
Ma non era lui a intascarsi 5 milioni di euro l’anno per portare avanti la baracca? Lui, che avrebbe potuto ordinarle queste maledette manutenzioni? Lui, ad avere contatti costanti con Michele Donferri Mitelli, il suo braccio destro, ex capo delle manutenzioni e uno tra i “tecnici qualificati del 1993”?
La verità è che la politica dell’azienda guardava più ai dividendi da distribuire che alla sicurezza per gli utenti. “Lo definimmo retrofitting perchè non sapevamo del danno strutturale”, racconta sempre Castellucci mentre Donferri Mitelli mostra un’altra verità: avrebbe inventato quel nome per evitare la parola manutenzione e poter scaricare i costi sugli utenti.
In un video del 2015 la prova dei danni ai trefoli dello strallo che ha causato il crollo del Morandi
L’indignazione di Egle Possetti e del Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi
“Ogni tanto sarebbe meglio lasciar parlare il silenzio”. Comincia così la nota dei parenti delle vittime del Morandi che rispondono alle dichiarazioni di Castellucci.
“L’intervistato diventa perito e al contempo avvocato in stile arringa processuale, definisce elementi ovviamente a sua discolpa, prendendo spizzichi a destra e a manca, e cucinando un polpettone. Certo che le responsabilità saranno molteplici e con diversi livelli di gravità, infatti abbiamo ben 59 indagati, certo che, come in molte strutture, c’era anche qualche difetto costruttivo, che non ha impedito al ponte di resistere arrivando a consunzione, 50 anni, ma tentare di utilizzare questo elemento per lavarsi la coscienza non lo possiamo permettere”.
Ribadisce la nota che poi sottolinea come “il ponte Morandi, con adeguata e attenta cura, di cui ogni anno di più necessitava, nel 2001 più che nel 1993, nel 2011, 2015 e 2016 più che nel 2001, non sarebbe crollato. Questo è ormai stato acclarato da periti indipendenti. Il fatto che esistano varie responsabilità, non legittima la verginità di nessuno”.
Ma si sa, “questo è lo stile di alcuni dei nostri manager: buttano una pietra in un mare d’acqua sperando che le onde possano far perdere di vista l’orizzonte e soprattutto sperando che cavillo dopo cavillo si arrivi alla tanto agognata prescrizione”.
Già la prescrizione. Ancora di salvezza per tanti delinquenti e una beffa per le vittime e per lo Stato, che troppe volte non è riuscito ad assicurare giustizia ai morti delle stragi italiane.
E infatti la nota conclude: “Noi faremo tutto quanto in nostro potere per inchiodare i colpevoli alle loro responsabilità, noi pretendiamo però dallo Stato al completo giustizia per i nostri cari, pretendiamo di essere trattati con dignità come parenti di vittime e come cittadini. Prima o poi vorremmo sentire dire da qualcuno “abbiamo sbagliato”, sarà troppo tardi, sempre troppo tardi…..ma forse potrà dare un po’ di pace a qualche coscienza”.
Le prime dichiarazioni di Castellucci dopo il disastro
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.