Sea-Watch 4, arriva il fermo della nave. Le ONG: “Una condanna a morire in mare”

La Sea-Watch 4 è la quarta nave umanitaria bloccata in cinque mesi nel Mediterraneo

“Ancora una volta un uso strumentale del diritto marittimo nasconde la decisione politica di impedire alle navi umanitarie di salvare vite in mare”.
Una denuncia che arriva da Medici Senza Frontiere (MSF) dopo che la la Sea-Watch 4 è diventata la quinta nave umanitaria bloccata dalle autorità italiane in meno di cinque mesi.

A bordo anche famiglie, minori e donne incinte

Durante la sua prima missione, la Sea-Watch 4 ha soccorso 354 persone. Tra loro, 227 uomini insieme a 98 minori non accompagnati, famiglie, donne che viaggiavano sole, persone con disabilità, donne incinte e bambini, il più piccolo di meno di due anni. Tra loro anche un adolescente con ustioni chimiche così gravi da necessitare l’evacuazione medica dalla nave.

“La realtà violenta da cui le persone sono fuggite e i pericoli del viaggio, erano evidenti nelle ferite che abbiamo trattato”, dice Barbara Deck, coordinatrice medica di MSF a bordo. “Dal bambino rimasto sordo per il pugno alla testa da parte di un uomo armato, al padre che porta le cicatrici della plastica sciolta sulla sua pelle mentre era in Libia, abbiamo testimoniato una resilienza disarmante. Mentre assistiamo i nostri pazienti a bordo, è devastante sapere che i governi europei stanno facendo tutto quello che possono per impedire alle persone di ricevere assistenza e cure salvavita”.

379 morti in mare nel 2020

Una decisione quella delle autorità italiane di bloccare la Sea-Watch 4 che è ancora più inaccettabile se si considera che le stesse autorità maltesi avevano incaricato la nave di prendere a bordo altre persone dalla Louise Michel, costretta a chiedere aiuto mentre si trovava nella zona di ricerca e soccorso maltese. Nello stesso momento le navi della Guardia costiera italiana erano sul posto e hanno evacuato circa 50 persone vulnerabili su un totale di 200 a bordo.

La Sea-Watch 4 ha preso il mare per la totale assenza di capacità di ricerca e soccorso guidata dagli stati lungo il confine marittimo più letale al mondo: MSF e le altre organizzazioni stanno solo cercando di riempire il pericoloso vuoto lasciato dagli stati europei.
Ad agosto si è registrato il maggior numero di vittime nel Mediterraneo centrale nel 2020, con 111 persone dichiarate morte o disperse. Nell’ultimo naufragio al largo della Libia, il 15 settembre, più di 20 persone sono state dichiarate disperse e in un altro naufragio il 17 agosto, altre 45 sono morte portando il totale dei decessi di quest’anno a 379.

MSF: “Le ONG cercano di riempire il vuoto nei soccorsi lasciato dall’UE”

“Le autorità italiane stanno strumentalizzando in modo ormai sistematico le legittime procedure marittimedice Marco Bertotto, responsabile affari umanitari di MSF. “Le ispezioni a bordo delle navi umanitarie sono diventate un modo per bloccare le attività di ricerca e soccorso. Ogni volta che una di queste navi entra in un porto italiano, si ripetono controlli lunghi e meticolosi, finché non si trovano delle  irregolarità. Ci sono volute ieri 11 ore di ispezione per arrivare a infrazioni sufficienti da impedire alla nave di lasciare il porto e riprendere il mare”.

“Ci accusano di salvare ‘sistematicamente’ persone, fino a contestare il numero eccessivo di giubbotti di salvataggio a bordo, mentre si ignora totalmente il dovere di ogni nave di assistere le imbarcazioni in difficoltà. Le autorità italiane provano a fermare le organizzazioni umanitarie – che cercano solo di salvare vite in mare come richiesto dal diritto marittimo internazionale – mentre disattendono i loro stessi obblighi di soccorso, con l’assenso se non il pieno appoggio degli stati Europei”, aggiunge Bertotto di MSF.

Non solo gli stati europei non stanno fornendo un sistema di ricerca e soccorso coordinato e dedicato, ma hanno cooptato la Guardia costiera libica per pattugliare il Mediterraneo centrale. Dall’inizio del 2020, quasi 8.000 rifugiati e migranti sono stati intercettati in mare e riportati forzatamente in Libia dalla Guardia costiera libica, il 32% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel frattempo, il numero di persone bloccate nei centri di detenzione ufficiali libici continua a crescere, nonostante sia noto che la Libia non è un posto sicuro.

Mentre in mare si muore, l’Europa annuncia un nuovo “Patto sulla migrazione”

Dal Mediterraneo dove impediscono i soccorsi in mare, al campo profughi di Moria, dove bloccano le persone in condizioni terribili, l’approccio dell’Europa verso la migrazione consiste nell’intrappolare, respingere e abbandonare sistematicamente le persone; sia che comporti lasciarle morire in mare o trattenere migliaia di uomini, donne e bambini in condizioni spaventose nei campi delle isole greche.
Mentre l’Unione Europea annuncia per il 23 settembre il suo nuovo Patto sulla migrazione, MSF affronta i costi umani di queste politiche disumane. Quest’ultima decisione delle autorità italiane suggerisce che il Patto le confermerà, gettando un’ombra su quell’impegno prima ancora che venga reso pubblico.

L’Italia e gli stati membri dell’UE stanno sistematicamente ignorando il loro dovere legale e morale di salvare vite umane, scegliendo invece di imporre strumentalmente misure burocratiche e amministrative per fermare un’altra nave umanitaria. Questa decisione di compromettere ulteriormente la già limitata capacità di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale avrà conseguenze devastanti per chi in mare avrà bisogno di assistenza e porterà inevitabilmente a un maggior numero di vittime.

Da qui l’appello di MSF che chiede il rilascio immediato della Sea-Watch 4 in modo che possa riprendere le attività di ricerca e soccorso salvavita nel Mediterraneo centrale: “Basta con gli attacchi alle organizzazioni che cercano di fornire assistenza a persone disperate”.

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.