Genova – Dopo la coltellata, venerdì scorso, a un militante antifascista che attaccava manifesti poco distante dalla sede di CasaPound di via Montevideo, il Partito Democratico e la Lista Crivello hanno presentato oggi, in Consiglio Comunale, una mozione per chiedere al Sindaco e alla giunta di prendere le distanze da questi atti criminali di violenza fascista in maniera netta e non con una semplice dichiarazione generica di condanna della violenza.
Ecco l’intervento in aula di Alessandro Terrile, primo firmatario della mozione. Potete leggerlo in attesa che termini la conferenza capigruppo e che si sappia se verrà approvata.
La questione sta andando per le lunghe perché pare che non si voglia richiamare la parola “fascista” per connotare la violenza.
“Grazie Signor Presidente,
abbiamo portato all’attenzione del Consiglio Comunale e della città una situazione che non può più dirsi normale, e che non va sottovalutata.
In questi mesi abbiamo assistito, nel silenzio delle Istituzioni democratiche, ad un ricomparire di organizzazioni e movimenti che non hanno vergogna a vantare un’ispirazione fascista, e che sovente accompagnano la loro attività con atti violenti, qualche volta criminali.
Il catalogo è ampio e variegato, andiamo dall’apertura di sedi per la distribuzione di viveri ai disagiati che siano però cittadini italiani, alle adunate in abiti neri e saluto romano per deporre corone di fiori ai caduti di Salò, all’intimidazione degli avversari politici con atti di vandalismo alle sedi di partito di sindacato, ai veri e propri atti di squadrismo. Due dei quindici militanti di Veneto Fronte Skinhead che hanno fatto irruzione alla fine di novembre nella sede di Como Senza Frontiere erano genovesi. Uno residente a Montebruno, un altro a Rossiglione.
Fino all’atto criminale di venerdì scorso, quando per difendere l’onore della sede dall’affissione nella stessa strada di manifesti non graditi, una ventina di militanti di Casa Pound ha aggredito con bottiglie cinghie e coltelli un gruppo di antifascisti genovesi.
Sono tornate le coltellate in pieno centro città. Nel silenzio delle Istituzioni. Non una parola di condanna per gli aggressori o di solidarietà per gli aggrediti è stata proferita dalla giunta comunale. Se non un generica condanna della violenza.
Ma la coltellata è la propaggine più evidente e superficiale di una pianta velenosa che ha messo radici nella nostra città e va estirpata.
Non c’è solo la violenza, c’è un atteggiamento culturale xenofobo, razzista, che va combattuto. Quell’atteggiamento che ha portato un autorevole esponente della Lega Nord a parlare ieri di difesa della razza bianca.
Di fronte a fenomeni di questo tipo non basta l’equidistanza. Lo dico perché nel nostro passato davanti a fenomeni di violenza verbale e fisica non fu l’equidistanza a salvare la dignità della politica e delle Istituzioni.
Fu invece l’impegno a combattere la violenza e l’ideologia che sorreggeva quella violenza, il brodo culturale e sociale che giustificava quella violenza. La politica, i sindacati, le istituzioni genovesi lo fecero allora senza infingimenti, a viso aperto, a costo di perdere consenso, a costo persino della vita di Guido Rossa, di cui tra pochi giorni commemoreremo il sacrificio.
No, la politica, le Istituzioni, il Comune di Genova non possono dirsi equidistanti.
A questo serve la nostra mozione. Che non è una mozione di sinistra. Nessuno di noi, parlo per il PD ma credo di interpretare lo spirito della minoranza, vuole mettere il cappello sulla Resistenza o sui valori antifascisti, che sono patrimonio comune di tutti cittadini, qualunque sia il loro orientamento.
Questa stessa mozione è stata votata dal Consiglio Comunale di Torino, a maggioranza 5stelle, dal comune di Milano e di Sestri Levante a maggioranza PD. Una mozione del tutto simile è stata presentata nel Comune di Chiavari da Roberto Levaggi che è un autorevole esponente di Forza Italia.
Non c’è una mozione di sinistra e una di destra.
Oggi c’è la nostra mozione che impegna il Comune ad attivarsi contro i nuovi fascismi nel segno dei valori della Resistenza. Ed una presentata due giorni fa dal Centrodestra che non dice niente. Forse che non può dire niente. Che si dice preoccupata dell’escalation di violenza ma non può dire chi sono i violenti.
Perché qualcuno in quest’aula ritiene che un saluto romano faccia il paio con un pugno chiuso. Che i combattenti di Salò quando sono morti sono come i partigiani.
Non è così. Nel buio valoriale le vacche potranno sembrare tutte nere, ma spetta alle Istituzioni democratiche, per prime, accendere quella luce che farà comparire le differenze.
Non stiamo parlando di pietà per i defunti, signor Sindaco, ma dell’esempio che debbono dare le Istituzioni. Non si può nello stesso giorno commemorare il rastrellamento degli ebrei nella nostra Città e poi consentire che un suo delegato con la fascia tricolore deponga una corona di fiori a coloro che li hanno rastrellati.
Se oggi abbiamo libertà di parola in quest’aula e fuori di quest’aula, se oggi c’è una dialettica tra maggioranza e opposizione, se oggi Lei è il Sindaco che rappresenta i genovesi e non il Podestà che rappresenta il Governo, è perché quei combattenti di Salò cui il Comune di Genova per la prima volta nella sua storia ha recato omaggio nel giorno dei defunti hanno perduto la loro battaglia.
L’hanno perduta. E l’hanno vinta gli antifascisti. Di ogni colore politico, ma antifascisti.
Lo ricordo perché ho sentito persino dire da un consigliere di maggioranza che nella motivazione con la quale è stata attribuita alla nostra città la Medaglia d’oro al valor militare non c’è alcun riferimento all’antifascismo. Tra tutti gli argomenti questo è il più paradossale.
Come se l’insurrezione generale decisa nella notte del 23 aprile 1945, che è costata centinaia di morti ed ha restituito la dignità ai cittadini genovesi dopo un ventennio di dittatura e quasi due anni di occupazione militare, fosse avvenuta contro i Turchi, o contro i marziani.
Non scherziamo su quella medaglia. Non scherziamo. Perché quella medaglia è un privilegio che ci impone di ricordare. Ma è un monito che ci impone di coltivare i valori dell’antifascismo.
Apprezzo lo sforzo dei capigruppo di centrodestra di tentare una mediazione sul loro testo. Eliminare ogni riferimento all’antifascismo, ai movimenti xenofobi e neofascisti, e limitarsi a richiamare – senza citarli – i valori della nostra Costituzione. Come se la nostra Costituzione non fosse una costituzione antifascista.
Con queste parole il 14 marzo 1947 Aldo Moro rispose all’Assemblea Costituente a chi proponeva che la Costituzione non dovesse essere antifascista, ma semplicemente afascista, cioè dovesse superare il ventennio semplicemente rimuovendone l’esistenza: “Non possiamo in questo senso fare una Costituzione afascista, cioè non possiamo prescindere da quello che è stato nel nostro Paese un movimento storico di importanza grandissima, il quale nella sua negatività ha travolto per anni le coscienze e le istituzioni. Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa Costituzione oggi emerge da quella resistenza, da quella lotta, da quella negazione, per le quali ci siamo trovati insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale. Guai a noi, se per una malintesa preoccupazione di serbare appunto pura la nostra Costituzione da una infiltrazione di motivi partigiani, dimenticassimo questa sostanza comune che ci unisce.”
Guai a noi, dico io parafrasando Moro, se usciamo di qui senza aver approvato una mozione che ribadisca la centralità e l’attualità dei valori dell’antifascismo.
Il Sindaco ci ha invitato a ritirare la mozione, per votare quella presentata del centrodestra.
Non lo faremo, ma siamo disponibili a modificare la nostra mozione, per consentire un’ampia convergenza, non certo però a nascondere la testa sotto la sabbia. Il riferimento all’antifascismo deve essere esplicito ed orgoglioso nel testo della mozione.
Prendiamo il testo presentato da Levaggi a Chiavari, se credete. In quel testo Levaggi chiede alla Giunta di non concedere spazi pubblici a “movimenti o associazioni che si richiamano al fascismo, o assumono posizioni razziste, xenofobe, antisemite e omofone”.
A noi quel testo va bene. E’ stato presentato dal centrodestra a Chiavari. Va bene.
Ma non daremo mai l’assenso a testi annacquati e indefiniti.
Ci sono momenti in cui bisogna scegliere, dicevano i partigiani: o si va con i repubblichini o si sale sui monti.
Signor Sindaco, oggi tocca a Lei scegliere per tutta la città.
Può scegliere di causare qualche maldipancia nella sua maggioranza ma di rinsaldare la Città di Genova in quel percorso di valori di giustizia libertà e solidarietà nati con la Resistenza, o può preferire l’unità della maggioranza e scegliere di voltare pagina e lasciare alla minoranza la custodia dei valori dell’antifascismo.
Sarebbe un errore. Ma nel caso, noi li custodiremo nell’interesse non di una parte ma di tutti, raccogliendo l’esortazione di Piero Calamandrei ad un’assemblea di partigiani milanesi nel 1954:
“Uomini della Resistenza, questo è il vostro compito continuare, riaprire il dialogo della ragione ed educare, se ancora siamo in tempo, non in un solo partito ma in tutti i partiti, una nuova classe politica di giovani, che portino nella vita politica quella serietà civica, quell’impegno religioso di sincerità e di dignità umana, che fu il carattere distintivo della Resistenza questo senso di autoresponsabilità, questa volontà di governarsi da sé contro il paternalismo, contro il conformismo, contro l’immobilismo. E che torni, anche in politica, il tempo della buona fede.”
Null’altro chiediamo a quest’aula, signori consiglieri, se non un atto di buona fede.
I valori della Resistenza e dell’antifascismo devono essere la bussola per ogni buon cittadino, non importa che sia di destra, di sinistra o di centro.
Guai a noi se permetteremo che le nostre Istituzioni rinneghino quei valori”.
LEGGI ANCHE GLI ALTRI ARTICOLI SULLA SEDUTA DI OGGI:
“LEI È O NON È ANTIFASCISTA?”. COSÌ CRIVELLO INCALZA IL SINDACO BUCCI
PER LA MOZIONE DEL PD SULL’ANTIFASCISMO SCOMODATA ANCHE GIORGIA MELONI
MANCA IL NUMERO LEGALE, LA RESISTENZA È SOSPESA
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.