Pubblicata la relazione sulle mafie relativa al II semestre 2020
Genova – I nomi sono sempre gli stessi. Si perpetuano in una litania che porta assuefazione e trasforma criminali in presenze consuete. Passano sulle loro Porsche, alcuni sembrano pure gentili. Finché non decidono di rubarti l’attività e la vita. Sono in buoni rapporti con i partiti perchè garantiscono i voti necessari per conquistare una poltrona. Non hanno idee politiche, stanno con chi vince e con chi gli procura gli appalti. I più “vecchi” vivono senza curare troppo il loro aspetto. I giovani studiano nelle migliori università e sembrano persone perbene, ma dentro sono mafiosi anche se fuori sono ripuliti. Non bisogna cercarli perchè non sono latitanti, come i loro genitori o i nonni, e non finiscono morti ammazzati, perchè le mafie moderne sparano poco e si concentrano sugli affari. La ‘ndrangheta ha in mano il traffico intercontinentale di cocaina, e ricicla i proventi in aziende legali, costruisce palazzi, vende auto, è nei consigli di amministrazione, corrompe funzionari, commercia petrolio. La ‘ndrangheta ha cambiato pelle ma con un po’ di attenzione il fetore si sente.
Il 2020 è stato un anno caratterizzato dall’emergenza sanitaria da Covid-19 che ha accentuato, con le misure severe emanate per contenere l’espandersi del contagio, la crisi economica e sociale del Paese. Imprese e cittadini in difficoltà sono terreno fertile per le organizzazioni malavitose che peraltro sono sempre più orientate verso una sorta di metamorfosi evolutiva volta a ridurre le strategie cruente per concentrarsi progressivamente sulla silente infiltrazione del sistema imprenditoriale.
Area grigia
Alla luce di queste considerazioni, la Relazione del II semestre 2020 si concentra sull’analisi e l’interpretazione delle possibili strategie d’azione delle organizzazioni mafiose che non conoscono confini di settore, geografici e relazionali specie con riferimento al mondo finanziario, politico-amministrativo e delle professioni, la cosiddetta “area grigia”.
Aumentano i collaboratori di giustizia. Si incrina la struttura parentale della ‘ndrangheta
La ‘ndrangheta si conferma come un’organizzazione unitaria, fortemente organizzata su base territoriale e saldamente strutturata su vincoli di parentela. Che però da qualche tempo non rappresentano più un fattore di concreta impermeabilità vista la scelta di collaborare con la giustizia intrapresa da esponenti mafiosi anche di elevato spessore.
La Stidda siciliana
In Sicilia coesistono organizzazioni criminali eterogenee che seguono dinamiche diversificate sia pure con la storica preminenza di Cosa nostra. Tra i sodalizi mafiosi che nella Sicilia centro-orientale si affiancano a cosa nostra “un rilievo particolare e’ da attribuire alla “stidda” che risulta caratterizzata dalla coesistenza di gruppi operanti con un coordinamento di tipo orizzontale”. La stidda è un’organizzazione inizialmente nata in contrapposizione a cosa nostra ma che oggi tende a ricercare piuttosto l’accordo con quest’ultima per la spartizione degli affari illeciti. Di recente alcune organizzazioni stiddare hanno compiuto un ‘salto di qualita” evolvendosi da gruppi principalmente dediti a reati predatori a compagini in grado di infiltrare il tessuto economico-imprenditoriale del nord Italia”.
Le organizzazioni nigeriane
Nella parte orientale dell’isola “sono inoltre presenti ulteriori gruppi e clan mafiosi di minori dimensioni e con interessi circoscritti in un ambito territoriale limitato ma che si mostrano tuttavia pervasivi nell’area d’influenza di riferimento e operativamente spregiudicati”. Nel complesso, “la mafia siciliana mantiene l’egida sulle attività nelle zone di competenza tollerando la presenza della criminalità straniera in settori di non diretto interesse e talora utilizzandola per ruoli di cooperazione marginale. Tuttavia, una distinzione va operata per le consorterie nigeriane che, già consolidate a Palermo e a Catania, anche a Caltanissetta stanno progressivamente acquisendo spazi operativi nei consueti settori degli stupefacenti e della tratta di esseri umani connessa con lo sfruttamento della prostituzione”.
La camorra
La camorra si conferma quel macro-fenomeno criminale connotato da un potere mafioso espresso da alcune grandi e consolidate organizzazioni tra loro autonome, fortemente inserite nel tessuto sociale in cui si localizzano e con connotazioni estremamente eterogenee per struttura, capacità militare, forme di radicamento, modalità operative e settori illeciti ed economici di interesse, pertanto straordinariamente flessibili e dotate di grande capacità rigenerative. Per quanto attiene ai sodalizi pugliesi, varie sono le espressioni criminali legate rispettivamente alla provincia di Foggia, al territorio di Bari e al basso Salento. Un’attenzione particolare per le possibili dinamiche evolutive merita il contesto foggiano dove operano le tre storiche organizzazioni della società foggiana, della mafia garganica e della delinquenza cerignolana.
Gioco d’azzardo e contrabbando di carburanti
Da segnalare come le organizzazioni mafiose, avvalendosi sempre più delle possibilità offerte dalla tecnologia, si stiano orientando verso i settori del gioco d’azzardo e delle scommesse realizzando circuiti paralleli a quello legale allo scopo sia di riciclare, sia di incrementare le cospicue risorse a disposizione.
Analoghe infiltrazioni ad opera della criminalità organizzata, in prevalenza della camorra e della ‘ndrangheta, si registrano nel settore del contrabbando di prodotti energetici (olio lubrificanti ed oli base) in virtù dei notevoli vantaggi economici derivanti dalla possibilità di immettere sul mercato prodotti a prezzi sensibilmente più bassi di quelli praticati dalle compagnie petrolifere.
La Liguria
Già da tempo gravata da una perdurante stagnazione economica la Liguria risulta particolarmente esposta all’attuale crisi dovuta al protrarsi della pandemia da COVID-19 e conseguentemente al rischio di infiltrazioni della criminalità mafiosa nel tessuto economico e imprenditoriale locale.
L’elevata terziarizzazione fa sì che l’economia ligure tragga i maggiori profitti da comparti basati sulla mobilità di persone e merci entrambi settori già duramente provati dall’interruzione dei collegamenti stradali e ferroviari regionali causati dal cedimento del “ponte Morandi” e rispristinati dal 3 agosto 2020.
I clan mafiosi abili a fare welfare
Potenzialmente ciò può esporre il tessuto socioeconomico all’ingerenza dei clan mafiosi che abili a proporsi come welfare parallelo grazie alla forza economica di cui dispongono intercettano e sfruttano ogni opportunità che il delicato contesto pandemico offre, ricorrendo a pratiche usurarie e alle estorsioni anche al fine di infiltrare il circuito legale.
I nostri porti snodo cruciale per lo smercio dei carichi di droga
Se i periodi di lockdown hanno fatto registrare una generale flessione dei reati di criminalità diffusa, sul versante del traffico di stupefacenti i sodalizi maggiormente attivi avrebbero invece dimostrato una efficace capacità di adattamento. Tale settore vede nelle aree portuali della
Regione (Genova, La Spezia e Vado Ligure) lo snodo cruciale per lo smercio dei carichi di droga.
La ‘ndrangheta ligure e le sue basi logistiche per il traffico di droga
Infatti la Relazione Annuale “DCSA 2020” della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga pubblicata il 30 giugno 2020 rende conto del sequestro in Liguria di circa il 39,67% di tutta la cocaina sequestrata a livello nazionale che risulta importata principalmente attraverso la frontiera marittima del porto di Genova il quale si posiziona nello specifico prima di Gioia Tauro e di Livorno. In tale ambito, un dato oramai assodato è il coinvolgimento delle espressioni ‘ndranghetiste radicate sul territorio che risultano in grado di avvalersi di basi logistiche liguri per l’importazione di cocaina. L’infiltrazione dei sodalizi mafiosi in Liguria è prevalentemente di origine calabrese e in misura minore campana e siciliana.
Meno violenti e più “imprenditori”
La ‘ndrangheta ligure non si muove attraverso azioni eclatanti. Fatto salvo alcune eccezioni come l’esecuzione di Joseph Fedele per mano di Giovanni Pellegrino.
In ogni caso, le attività delinquenziali sono per lo più “relative al traffico di stupefacenti… in talune realtà territoriali circoscritte, le estorsioni parrebbero condizionare tuttora le dinamiche commerciali, con particolare riferimento ai settori della ristorazione, del turismo balneare, del commercio ambulante, mentre importanti settori economici si ritiene operino se non in regime di monopolio, quantomeno di predominanza: l’edilizia, … ovvero le grandi opere ed, in genere, la movimentazione terra, è fortemente condizionata…. Non va sottaciuto, inoltre, come i settori dello smaltimento dei rifiuti, dei residui ferrosi e, più in generale, del variegato comparto dei servizi ecologici e delle fonti rinnovabili, … siano considerati strategici dalla criminalità che ne coglie un’opportunità per ricavarne illeciti profitti…”.
A Genova la “Camera di controllo”
Le diverse inchieste concluse nel tempo corroborate anche dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia hanno descritto l’affermazione della ‘ndrangheta in Regione attraverso una struttura criminale denominata Liguria alla quale sono state ricondotte, attraverso un riconoscimento giudiziario in via definitiva, altre unità periferiche cioè i cosiddetti locali (dotati di autonomia strategico-operativa seppure strettamente collegati al Crimine reggino) presenti a Genova, Lavagna (GE) e Ventimiglia (IM). Un ulteriore rilevante insediamento sarebbe operativo anche a Bordighera (IM).
Nello specifico, secondo talune ricostruzioni investigative, il locale di Genova rivestirebbe anche il ruolo di Camera di controllo regionale al cui vertice siederebbe un esponente della famiglia GANGEMI con la funzione di raccordo con le unità periferiche liguri e il Crimine reggino. Il locale di Ventimiglia, invece, svolgerebbe la funzione di Camera di passaggio, a garanzia di una sorta di “continuità” operativa e strategica con le analoghe proiezioni ultra nazionali attive in Costa Azzurra (Francia).
La collusione dell’area grigia fatta da amministratori, professionisti e funzionari
La dimensione imprenditoriale tipica delle cosche che operano fuori dai territori di origine si tradurrebbe nella tendenza a infiltrare i settori più redditizi dell’economia legale per il reinvestimento delle risorse di provenienza illecita.
Frequentemente è emersa la spiccata capacità delle cosche calabresi di connettersi con esponenti della cosiddetta area grigia tra i quali figurano imprenditori, professionisti, funzionari pubblici e amministratori locali, acquisendo così un patrimonio relazionale e di competenze professionali indispensabile per realizzare i progetti illeciti, senza però abbandonare quando necessario il ricorso ad atti minatori o di violenza finalizzati a vincere le resistenze di chi volesse sottrarsi alle logiche criminali dei sodalizi egemoni.
Le operazioni antimafia
Nel periodo sono intervenute importanti pronunce giudiziarie che definiscono con maggiore precisione i contorni mafiosi nella Regione. Il 28 ottobre 2020 la Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi proposti avverso le condanne per associazione di tipo mafioso pronunciate in sede di rinvio dalla Corte d’Appello di Genova nell’ambito del processo “Maglio 3” rendendo definitive le condanne di 5 affiliati al locale di Genova e 4 a quello di Ventimiglia. Il 27 novembre 2020, inoltre, nell’ambito del processo “Buon Vento Genovese” il GUP del Tribunale di Genova ha condannato 4 associati della ‘ndrina ALVARO di Sinopoli (RC) per complessivi 36 anni di reclusione in quanto ritenuti colpevoli di un’intensa attività di narcotraffico scoperta dalla Guardia di finanza, nel luglio 2019, con l’ingente sequestro di kg. 386 di cocaina.
Nel semestre di riferimento non sono emerse, invece, specifiche risultanze riguardo a organizzazioni di altra matrice sebbene pregresse attività investigative abbiano dato conto della presenza in Regione di elementi contigui alla camorra75 e alla mafia siciliana76 e attivi sia nei mercati legali che illegali.
Lo spaccio è nelle mani di marocchini, senegalesi, nigeriani, albanesi e tunisini
Nell’ambito del monitoraggio delle infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici, anche su impulso della DIA i Prefetti liguri hanno adottato alcuni provvedimenti interdittivi nei confronti di ditte operanti prevalentemente nel settore edile e nel movimento terra e materiali inerti.
In linea di continuità con il passato, il panorama criminale ligure è fortemente connotato dall’operatività di sodalizi stranieri, principalmente costituiti da extracomunitari irregolari di origine africana, sudamericana e dell’est Europa che risultano operativi, a macchia di leopardo, in tutte le province. Tuttavia il capoluogo con il suo centro storico rappresenterebbe una piazza privilegiata per le attività illecite principalmente connesse con il mondo della droga. Le nazionalità prevalenti coinvolte nella gestione degli stupefacenti sono quelle marocchina, senegalese, nigeriana, albanese e tunisina.
La criminalità non mafiosa e la rotta del Marocco
Proprio il lucroso settore del traffico internazionale di stupefacenti che si innesta su un mercato aperto e stratificato renderebbe protagoniste anche altre organizzazioni criminali transnazionali di matrice non mafiosa. Si fa riferimento a gang straniere prevalentemente di origine africana, sudamericana (prevalentemente ecuadoriane nel genovese e dominicane nello spezzino) o dell’est Europa attive in tutte le province liguri ma concentrate principalmente nel centro storico del capoluogo genovese. Queste traggono dai traffici di droga la loro principale fonte di reddito sfruttando la posizione strategica della Liguria che è oltremodo utile per l’importazione di hashish e marijuana (nonché di cocaina, seppur in quantità limitata) lungo la direttrice proveniente dal Marocco.
La collaborazione tra criminalità italiana e straniera
Sebbene allo stato non siano emerse relazioni consolidate e strutturate tra criminalità organizzata italiana e gruppi stranieri si riscontrano frequentemente forme di collaborazione proprio nel settore del narcotraffico. In tal senso, si ricorda l’operazione “Ponente Forever” della DDA genovese conclusa nell’imperiese il 15 settembre 2020, dai Carabinieri in cooperazione con la Gendarmeria francese. L’inchiesta è stata condotta nei confronti di un sodalizio dedito al narcotraffico internazionale sull’asse italiano-francese al cui vertice è risultato esservi un sodale della famiglia GALLICO di Palmi (RC) che movimentava da e per l’estero grandi quantitativi di cocaina, hashish e marijuana.
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